Arrivo dieci minuti prima
dell’ora precisa, le quattordici e cinque minuti. Butto i fiori vecchi, verso
diversi innaffiatoi d’acqua e poi pulisco il marmo. Il cipresseto che avevamo
scelto per farti compagnia è seccato da tempo, ma la rosa continua a crescere
stagione dopo stagione. Mentre sono intenta con queste faccende ecco che l’ora
esatta arriva e così sono quindici anni da quando sei morto papà. Ho pregato,
ho parlato con te, anche oggi c’è il sole, proprio come quel giorno anche se
allora l’aria era più luminosa e anche più calda. Mi sei mancato in tutti
questi anni, mi sei mancato in tutti i modi in cui un padre può mancare a una
figlia. Ancora mi capita di ascoltare o leggere una notizia e avere l’impulso
di telefonarti per commentarla con te. Ogni tanto ti sogno, in certi periodi di
frequente. Quasi sempre sei insieme alla mamma, siete giovani e belli come
quando ero bambina, parliamo molto nei sogni anche se la luce del giorno cela
le parole e quasi mai so cosa ci siamo detti. Sfoglio i tuoi codici tutti
annotati, i libri pieni di foglietti, ricordo la tua ansia di sapere. Continuo a
lucidare il marmo rosso della tua lapide, sorrido alla tua fotografia, mi
sorrido. Perché abbiamo la stessa bocca, le stesse orecchie e la stessa attaccatura
del naso. Ti sorrido perché mi ricordo tante cose di te, della nostra vita
insieme. Fino a che ci saranno i ricordi saremo insieme qui, poi saremo insieme
per sempre. Il giorno del tuo funerale ho sentito forte che mentre la tua vita
terrena era conclusa, una vita nuova e diversa iniziava per te. È stata un’esperienza
di trascendenza fortissima, perché mentre tu scomparivi sotto la terra scura,
io venivo trascinata dall’azzurro luminoso nel luogo dove ci ritroveremo.
Il colore dell’alfabeto necessario
È azzurro l’altrove che ci
aspetta, un salto lo precede
sempre. Un salto lo seguirà
per il ritorno e allora,
solo
allora, capiremo di avere
appreso l’alfabeto
necessario
per scrivere una lettera
nell’aria
silenziosa. È azzurro l’altrove,
è azzurro tutto questo
silenzio.
Mentre al mattino mi sono
preparata al momento preciso del tuo trapasso, dopo essere stata diverse ore
nel tuo piccolo cimitero, il resto del giorno se n’è andato e non so come è
arrivata sera, è arrivata l’ora di scrivere queste mie poche parole quotidiane.
Oggi è mercoledì 13 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno
guerra. E questa Cronaca 766 gioisce con me che tu e la mamma non abbiate
dovute vivere prima la pandemia e ora la guerra.
Nessun commento:
Posta un commento