sabato 30 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/783. Un profumo di glicine a primavera in una strada di Parigi

 



Non tutti i giorni lasceranno tracce nella nostra memoria, ma ogni istante avrà lasciato una traccia, solo che noi non sappiamo più vederlo. Perché dopo lo sguardo e la percezione del mondo intorno e dentro di noi, le forze dell’oblio sono più veloci di quelle del ricordo e ci sembrerà di non avere molto da dire sul giorno appena trascorso, presi come siamo stati dalle mille faccende della vita quotidiana, dalle preoccupazioni causate dalla pandemia e dalla guerra. Eppure restano in noi molte più cose, immagini e profumi che si riveleranno col passare degli anni. perché anche i ricordi hanno un loro periodo di maturazione, proprio come i frutti sugli alberi, e i ricordi sono i frutti della vita stessa. Così ne dice il filosofo Vladimir Jankélévitch nel libro Da qualche parte nell’incompiuto, (Einaudi, 2012):

 

“[…] se dobbiamo distinguere il contatto grossolano dal tocco leggero diciamo: la reminiscenza non ha il peso del ricordo, è piuttosto il tocco fuggevole che ci sfiora, spesso anche a nostra insaputa. Ne resta qualcosa e al contempo non ne resta niente, ne resta qualcosa che non è niente; è una traccia che non lascia tracce! Un profumo di glicine a primavera in una strada di Parigi, l’odore della pioggia in ottobre sul ferro dei balconi, un sentore di erbe riarse nei campi, una drogheria di villaggio che sa di pepe e naftalina ed eccoci invasi ad un tratto da un languore inspiegabile, abitati da queste presenze infime e intime che non si osa chiamare ricordi. È questo il profumo del tempo. […] indefinita malinconia”.

 

 

Ricordi che non erano miei

 

Sollevo un velo e non

resta che il gesto.

Sfioro un margine non

scritto e subito si

nostrano segni solo

pensati.

Allora scrivo e penso

a questo giorno di

immagini e profumi

che non erano miei

e ora lo sono.

 

 

Così di questo giorno appena concluso, abitato da una lunga passeggiata, dalle faccende della vita domestica, dal rito della spesa e della cucina, e poi di una cena in famiglia in un bel ristorante in una zona poco alla moda di Milano, ecco che ancora non so cosa ritornerà a me negli anni. Ma la memoria è un esercizio di pazienza, una pesca a strascico nell’oceano del tempo e la scrittura, questo scrivere quotidiano, è al contempo la rete e il pescato.

Oggi è sabato 30 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 783 ancora si aggira tra la riva e questo mare ancora così ignoto.

venerdì 29 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/782. Felice come una rana seduta sulla sua foglia di ninfea

 


Giornata lieve e piacevole, molto lavoro come sempre, ma anche piacevole compagnia, buon cibo e chiacchiere e poi una lunga passeggiata per tornare a casa, prima in tram e poi a piedi. L’aria è cambiata bruscamente perché dal tepore primaverile siamo passati allo strano freschetto causato dal vento gelido che ogni tanto spira a folate. La parte di viaggio che ho fatto in tram, invece, è stata perfetta perché non c’era quasi nessuno e ho attraversato lunghe vie fiancheggiate da alberi maestosi e antichi, soprattutto platani e ippocastani. Andare in tram e in treno ha sempre un effetto particolare sulla mia mente perché mi predispone alla creazione, soprattutto alla creazione poetica. Così mi è venuto in mente il titolo (possibile) della mia nuova raccolta di poesie e poi, nel tram tutto verde, ho immaginato una rana felice seduta sulla sua foglia di ninfea. E sono diventata quella rana felice e ho sentito il rumore lieve dell’acqua, il soffio delicato della brezza e il gracidare sommesso delle altre rane. Era un laghetto in estremo Oriente, ho visto giusto nei giorni scorsi un documentario ambientato in Vietnam, e forse ero proprio laggiù. E tutte queste percezioni e immaginazioni mi hanno regalato un buonumore infinito, una gioia profonda che sta nel mio laghetto interiore con tutte le rane e le ninfee che ci vivono comodamente e placidamente.

 

 

Fino all’oceano dell’immaginazione

 

 

Ora è bianca, ora

rosa e riluce d’acqua,

ondeggia con il vento

e accoglie il riposo

della ranocchia curiosa,

questa ninfea felice.

Io mi accingo a far

loro compagnia, ho

la mia foglia in questo

lago che sfocia in

un fiume che sfocia

nel mare e poi nell’oceano

dell’immaginazione.

 

 

Ecco che posso portare tutta questa bella giornata, i vestiti nuovi verdi e azzurri di Elisabetta, una misteriosa bevanda che sa di cioccolata e cannella anche se è bianca e lattiginosa e chiama alla mente il fiore prezioso dell’orchidea. E anche i libri amati di Grazia Livi, Nicole Krauss, Kate Millet, Connie Palmen e Alison Lurie in questa nuova Cronaca 782 di venerdì 29 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra.

giovedì 28 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/781. La nuvola che fiorì solo un istante

 


 Come reagire alla paura, all’orrore, alla guerra lontana ma incombente? La mia amica Elena ha fatto una scelta radicale, si rifiuta di leggere qualsiasi cosa, di vedere immagini e video. Altre persone che conosco preferiscono invece essere super informate e commentano a ruota libera quello che succede. Io mii informo con regolarità ma cerco di non indugiare sulle immagini, soprattutto per un rispetto ideale nei confronti delle vittime. La consapevolezza di vivere in un unico mondo si scontra pressoché ogni giorno con il mistero delle vite degli altri. Ricordate il bellissimo film di qualche anno fa di Florian Henckel von Donnersmarck? Ricordate come l’agente della Stasi cambia radicalmente dopo avere spiato il grande scrittore e commediografo? C’è una poesia molto bella di Brecht che segna il punto di svolta per l’agente Dreyman.

 

Ricordo di Mary A.

 

Un giorno di settembre, il mese azzurro,

tranquillo sotto un giovane susino

io tenni l'amor mio pallido e quieto

tra le mie braccia come un dolce sogno.

E su di noi nel bel cielo d'estate

c'era una nube ch'io mirai a lungo:

bianchissima nell'alto si perdeva

e quando riguardai era sparita.

 

E da quel giorno molte molte lune

trascorsero nuotando per il cielo.

Forse i susini ormai sono abbattuti:

Tu chiedi che ne è di quell'amore?

Questo ti dico: più non lo ricordo.

E pure certo, so cosa intendi.

Pure il suo volto più non lo rammento,

questo rammento: l'ho baciato un giorno.

 

Ed anche il bacio avrei dimenticato

senza la nube apparsa su nel cielo.

Questa ricordo e non potrò scordare:

era molto bianca e veniva giù dall'alto.

Forse i susini fioriscono ancora

e quella donna ha forse sette figli,

ma quella nuvola fiorì solo un istante

e quando riguardai sparì nel vento.

 

 

 

Il bello della vita è che non c’è niente di predefinito, scritto, che le cose possono cambiare. Per questo prego ogni giorno perché la guerra finisca, perché gli uomini di potere rinsaviscano. La poesia di Bertolt Brecht è tratta da Poesie, a a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi 2014.

Oggi è giovedì 28 aprile del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 781 vibra nelle nuvole e cerca baci dimenticati.

mercoledì 27 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/780. L’aria dolce di un pomeriggio di aprile

 

 


 

Gli incontri inaspettati sono sempre i migliori, così quando oggi pomeriggio ho organizzato all’improvviso di vedere la mia amica Paola dopo il lavoro è stato un incontro piacevolissimo. Cosa ci fa diventare amici proprio di alcune persone e di quelle soltanto? L’amicizia è uno dei sentimenti più intensi e misteriosi che rendono la nostra vita degna di essere vissuta e la rendono gioiosa. Così con la mia amica abbiamo sbrigato una commissione e poi ci siamo sedute a chiacchierare piacevolmente in un baretto di quartiere. L’aria era tiepida, dopo le piogge violente di questi giorni è stato bello sentire il tepore sulla pelle e sentire anche le rondini che sfrecciavano in alto nel cielo. La conversazione tra amiche è una tessitura che va ad allungare e ampliare l’arazzo che abbiamo iniziato a tessere tanti e tanti anni fa. È bello poter parlare con una persona sempre interessante e sorprendente. Oggi mi ha fatto vedere le fotografie di due cagnoline candidate a un’adozione. Il suo piccolo e pestifero jack russell Black è scomparso da poco, ma lei è così, ama gli animali e dare un’opportunità di una vita migliore a un’altra creatura è sempre un’azione nobile e che di sicuro l’aiuterà a superare la perdita del cagnolino. Dopo questo lungo e piacevole momento sono tornata a casa, ho preparato la cena e poi ho iniziato a mettere mano tra i vestiti vintage che ho conservato per i più svariati motivi, perché è arrivato il momento che abbiano una nuova vita. Anche gli abiti portano con sé frammenti della nostra storia e mi piace pensare che andranno a raccontare vecchie storie a nuove proprietarie. Dopo un’oretta di traffici tra ante dell’armadio mi fermo e mi metto alla scrivania per trascrivere appunti sul libro che sto leggendo con il mio gruppo di studio. E poi arriva il momento che spesso chiude la giornata, quei momenti di raccoglimento dove mi fermo a pensare e a cercare una trama per la nuova Cronaca. L’amicizia e le passeggiate sono due ottimi fili da tirare, però mi fermo ancora su quell’aria dolce che ho respirato seduta al tavolino di un baretto insieme alla mia cara amica.

Oggi è mercoledì 27 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, guerra cui oggi non ho voluto pensare. Questa Cronaca 780 ha apprezzato molto questa nostra tregua, proprio come me.

martedì 26 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/779. A passeggio per le vie silenziose della mia città

 

 


 

Quando chiudono negozi vari, bar e ristoranti, nel giro di poco tempo non riesco a ricordare cosa ci fosse prima, a meno che non si trattasse di un posto che frequentavo con continuità. Qui nel mio vecchio borgo, sì mi piace pensare a questo quartiere come al vecchio borgo della Maddalena come si chiamava sino a pochi decenni fa, i cambiamenti sono stati tanti e anche veloci. Un tempo c’erano solo negozietti di quartiere, almeno quattro panettieri, due fruttivendoli, un ciabattino, un negozio di mobili rustici, un paio di bar, un paio di pizzerie e una gelateria soltanto, un negozio di intimo femminile, un negozio di giochi e uno di mobili e arredi etnici. Nella stazione del metro c’erano un acquario, un noleggio di VHS e un negozio di giocattoli, l’edicola era ancora aperta e gestita da una famiglia con tre figli. Poi il quartiere è diventato un posto alla moda, e lo è ancor di più dopo i vari lockdown degli ultimi tre anni, tutti i bar e ristoranti hanno piazzato dehors più o meno belli, c’è sempre gente ai tavoli, ma non dopo il venti del mese, lo noto da sempre che il traffico si dirada e c’è meno gente in giro, lo stipendio è finito, bisogna aspettare la fine del mese. Poi hanno chiuso anche la Mondadori e Photo discount, due pietre miliari, e il cinema Zenit, ma questo da più tempo ancora, dove avevo visto tutta la serie degli 007 con Sean Connery da ragazzina. La cosa che più mi è mancato negli anni è il bosco spontaneo che sorgeva sulle rovine della fabbrica De Angeli Frua, certo, ora c’è una bella biblioteca di quartiere, ma il bosco aveva un fascino tutto suo. Ma basta alle inutili comparazioni tra il paesaggio passato e quello contemporaneo, tutto passa, tutto muta, tutto cambia. Mi chiedo se la sensazione che il mondo fosse un posto più interessante e misterioso prima dell’avvento di Internet sia legato alla mia età che avanza e a quella deformazione dello sguardo che ci fa pensare al passato, spesso anche se non sempre, come a un luogo migliore, o se davvero un tempo fosse meglio. Intanto è di questi giorni che il geniale Elon Musk abbia fatto un’offerta non rifiutabile a Twitter che a breve sarà tutta sua. L’intero mondo si chiede come la gestirà, si interroga sui rischi di un unico proprietario per il social più importante per il mondo delle notizie e dei commenti. Confesso che ho sognato che quest’uomo avesse deciso di comprarsi questo costoso giocattolino per chiuderlo definitivamente. Così come ogni tanto sogno che quell’altro sogni di portare la gente a vivere in un mondo virtuale finisca in un flop colossale. Dopo due anni di pandemia, con la guerra in corso che non sappiamo se, come e quando finirà, chi ha voglia di stare ancora appiccicato a uno schermo? Io proprio no, per questo le lunghe passeggiate mattutine prima del lavoro sono un dono di cui apprezzo ogni istante. A dire il vero le passeggiate sono belle anche al tramonto, ma questa Cronaca 779 di martedì 26 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra mi ha confidato che le piace di più uscire il mattino presto.

lunedì 25 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/778. Ora e sempre Resistenza

 

 


Come ogni anno canto a squarciagola Bella ciao e vado su Youtube a cercarne diverse esecuzioni, ogni anno mi rivedo i Modena City Ramblers e Bregovic. Poi, già che ci sono canto anche la Marsigliese in francese, che l’ho imparata da bambina con la mitica professoressa Carla Colombo, visto che in Francia non è accaduto il peggio temuto. Già che ci sono non può mancare anche El Pueblo Unido Jamás Será Vencido cantata dagli Intillimani. E poi anche Fischia il vento e mi vengono in mente le vicissitudini di Federico “Ico”, padre del mio amico Dario che è stato un giovanissimo partigiano e poi un brillante medico. Il tempo è cambiato in questi giorni e ogni tanto piove, con tuoni fortissimi, che sembra di essere sotto uno di quei temporali estivi che una volta esplodevano solo dalla seconda metà di agosto. Il cambiamento climatico è un fatto incontrovertibile, come lo scioglimento dei ghiacciai, i grandi fiumi in secca, le intelligenze che sono evaporate con l’acqua, la pandemia che impazza, gli idioti che attaccano la Brigata Ebraica durante la manifestazione del 25 aprile. Uno dei pochi punti fermi della vita, anche se è la creatura più mobile e irrequieta che io conosca, è la mia amica Elisabetta che ho visto nel tardo pomeriggio per una passeggiata e un po’ di chiacchiere. Per fortuna aveva smesso di piovere, così abbiamo passeggiato un po’ e poi ci siamo sedute all’aperto in un bar in piazza Wagner a bere un aperitivo analcolico. Abbiamo parlato di un mucchio di cose come al solito, degli scritti autobiografici di Françoise Héritier, notevole antropologa già allieva di Claude Levi-Strauss e moglie di Marc Augé, del prossimo viaggio che lei farà in Finlandia, del desiderio di muoversi, scrivere, creare. E dello scontro quotidiano con la realtà, con la guerra, con la pandemia, con il lavoro e così andando e tornando. Sgranare i pensieri con un’amica è sempre un momento importante, non solo di condivisione, ma anche di chiarezza e liberazione. Così com’è stato anche ieri con Rossana e stasera con Annalisa, anche loro amiche amatissime che vedo molto meno spesso di quanto vorrei.

Ecco non ho molta voglia di scrivere altro per questa sera, penso che andrò a rivedermi i video di Bella ciao, che mi sembra un bel modo per concludere questo lunedì 25 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra. Con questa Cronaca 778 ci siamo messe il fazzoletto rosso al collo e anche le scarpe da ginnastica per correre meglio incontro al futuro.

domenica 24 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/777. Dove lo specchio di Alice si è rovesciato nel mondo di qua

 


 


Anche oggi sono stata indaffarata con i soliti infiniti e sfibranti lavori di selezione di oggetti, libri e vestiti, così anche oggi non sono riuscita a partecipare al laboratorio con Fiammetta sul sublime contemporaneo. Cercherò di recuperare con le registrazioni, anche se non è mai la stessa cosa. Sto scrivendo qualcosa in merito al mio giardino ideale, un giardino che è fatto dei giardini che ho amato o anche solo immaginato, come il giardino che circonda la Casa delle Parole nella terra delle Montagne della Nebbia che, purtroppo, non frequento tanto spesso come durante il primo anno della Cronache, durante l’eterno lockdown, quando pensavamo che sarebbero bastate quelle poche settimane chiusi in casa per debellare il maledetto virus che ci aveva presi di sprovvista poche settimane prima e che ancora impazza per il mondo. Ormai è certo che la variante Omicron, nelle sue svariate manifestazioni oltrepassa la barriera anche della tripla vaccinazione. Sono sempre più amici e conoscenti che si chiudono in casa perché scoprono di essere positivi anche con sintomi molto lievi, febbriciattola, raffreddore, un po’ di ossa rotte. Tra i contagiati che sono sempre nell’ordine delle decine di migliaia, spicca il numero dei morti che si aggira più o meno, ogni giorno, intorno ai duecento. Intanto, mentre la Cina segrega milioni e milioni di persone a Shangai e Pechino, nel resto del mondo le misure di prevenzione e contenimento vengono via via revocate. Lasciando così orfani di argomentazioni i no-vax nostrani che in moltissimi giustificano ora l’invasione dell’Ucraina e in ancor di più hanno trovato in questa guerra una fonte di ispirazione per una nuova battaglia anti-governativa, anti-sistema, anti-tutto. Sarebbe interessante andare a vedere le reali motivazioni di ciascuno, a capire quali siano le ragioni profonde di queste prese di posizione estreme. Forse un giorno lo faranno psicologi, psichiatri e storici, oggi dobbiamo fare ipotesi basate sulla conoscenza diretta di alcuni di questi individui. Avrei cose da scrivere su alcuni amici perduti nei loro deliri complottisti e no-vax, così qualcosa la scrivo, a futura memoria. Di una di loro so che appoggia l’operazione speciale del dittatore russo. Ma che tristezza mi fanno queste persone che pure, in un tempo lontano, erano amici e amiche con cui ho condiviso molto. Erano diversi quando eravamo giovani? Erano più razionali? L’unica cosa che mi sento di dire è che si tratta di persone irrisolte che nella vita non hanno trovato, almeno da giovani, un reale interesse, una passione da coltivare e che quando sono stati illuminati dalla pandemia, magicamente hanno capito tutto del grande complotto in corso contro l’umanità di cui noi poveri sciocchi siamo vittime e neanche ce ne accorgiamo. Eppure sono certa che si tratti di persone che amano leggere, alla signora ho regalato decine di libri quando eravamo giovani e poi quando ha pubblicato lei il suo primo libro per mandarmelo mi ha chiesto il prezzo di copertina più le spese di spedizione, l’altro amico è anche laureato, ma insegue da anni teorie e corsi delle più esoteriche discipline che ho fatto sempre più fatica a seguirlo nelle sue peregrinazioni. E ricordo anche che da giovani erano di sinistra e uno discendente di un ombroso partigiano di cui credo di non avere mai sentito la voce quando andavo a casa loro a studiare. Ecco, il mondo è diventato come se lo specchio di Alice si fosse rovesciato da questa parte, perché tutto è scombussolato e i punti fermi sono pochi, le informazioni arrivano a ondate e ci lasciano storditi e spaventati, con la bocca e il naso pieni di acqua e sale. Ma non siamo ancora affogati, meglio tenersi un po’ alla larga dalla riva e andare a pescare nei laghi interni del pensiero e dei libri.

Un ultimo pensiero lo dedico alla mia amica del cuore dell’adolescenza: oggi avrebbe compiuto un altro decennio tondo. Cara Antonia ti penso con affetto e nostalgia per quei pomeriggi trascorsi a raccontarci i nostri sogni e a imbastire racconti epici con protagonisti i due fratelli di cui eravamo cotte all’epoca.

Oggi è domenica 24 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 777 continua a girare e rigirare lo specchio, cercando il verso giusto.

sabato 23 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/776. Apparteniamo al paesaggio d’infanzia, gli altri paesaggi sono doni della comparazione e della differenza

 



Sono giorni che mi sveglio sempre prima della sveglia e prestissimo esco a godermi il silenzio della città, questa solitudine urbana che mi canta intorno come un intero coro di stelle o di folletti. Dopo la passeggiata sono andata in giro per commissioni con fratello e cognata e siamo andati a Baggio vecchia a fare la spesa da un fruttivendolo strepitoso che mi incanta ogni volta che ci vado. Ho fatto scorta di frutta e verdura per tutta la prossima settimana e comprato anche qualche delizia di fine stagione come le cime di rapa che ho deciso di fare fritte con olio evo e peperoncino rosso piccante, una delle ricette apprese da mia madre. È stata una giornata molto impegnativa, non di riposo, passata a selezionare oggetti, vestiti e libri. che sembra si moltiplichino da una volta all’altra. Sì è proprio così, le cose si moltiplicano per partenogenesi, non c’è nessun bisogno che le riproduciamo noi. Sono molto stanca, però è stato bello girare per le vie deserte e respirare quell’atmosfera che si trova solo nei vecchi quartiere di Milano, nei quartieri che un tempo erano comuni autonomi dalla grande città.

 

 

 

Il canto del città di sabato mattina

 

Vorrei comprendere in

quale lingua canta questa

mia città, ma non è una

lingua umana, così posso

solo immaginare e poi

cantare a squarciagola

la gioia semplice di essere

qui di essere viva, di

respirare, di camminare

e guardare la bellezza

umana che mi circonda.

 

 

 

Non c’è niente da fare, quando penso alla mia città divento sempre sentimentale e non riesco a non pensare com’era bello quando si tornava dalle lunghe vacanze estive e la pianura Padana ci accoglieva con la sua coltre di nebbiolina e smog, con l’odore della benzina nei distributori sull’autostrada, con la frenesia del casello di Melegnano e il cappuccino dell’ultimo Autogrill.

Forse è vero che apparteniamo soltanto al paesaggio della nostra infanzia, ai suoi colori, ai suoi odori. Tutti gli altri paesaggi li impariamo per comparazione e differenze.

Oggi è sabato 23 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 776 ancora gironzola per le viette di Baggio vecchia.

venerdì 22 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/775. Non ci sono profumi, né pioggia, né tepore nell’aria

 


 

 

Oggi un sacco di cose da fare e poi nel tardo pomeriggio studio matto per l’incontro di stasera con il mio gruppo di studio dedicato al libro Il vivente e il sacro di Domenico Chianese. È un libro di una tale densità e ricchezza che ancora non mi sento di scriverne, ma penso che più avanti lo farò. Qui nella città non silenziosa c’è il solito clima bislacco di luce e vento freddo, una strana primavera questa, una primavera che forse ha deciso di non arrivare visti i mala tempora in cui viviamo. Anche sulla ritrosia della primavera ho cose da dire, ma preferisco esprimerle con una poesia.

 

Quel luccicore sulle foglie nuove

 

Non è per timidezza che

non si mostra. Ha già

lasciato che le avanguardie

di fiori e germogli andassero

a tinteggiare la città. Poi

sono arrivate le rondini,

un po’ ritardo ma le sentiamo

sfrecciare al mattino presto

e poco prima del tramonto.

Quel che mancano sono

l’aria tiepida e la pioggia

primaverile, quel luccicore

sulle foglie nuove, quel

profumo misterioso che

che ci fa girare la testa

e cercare dove siano

sbocciati i fiori. Ma

non ci sono profumi, né

pioggia, né tepore.

Li tiene la pace con sé,

la pace che aneliamo

più della primavera.

 

 

Immersa in questo desiderio divorante di pace, di bellezza, di tranquillità, cerco di vivere con gioia ogni giorno, di affrontare le difficoltà, di pregare ogni Dio di cui ho sentito parlare perché la guerra finisca, finisca presto e il male vanga sconfitto e che i malvagi siano costretti a guardare negli occhi le loro vittime per l’eternità.

Oggi è venerdì 22 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 775 mi consola e si fa consolare.

giovedì 21 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/774. Le città dormono e sognano con noi

 


Anche questa mattina sono uscita prestissimo per andare un po’ a zonzo prima che la città si svegliasse. Anche oggi sono riuscita a vedere l’ultima e la prima stella, ma accanto al muro della biblioteca non c’erano sacchetti di libri abbandonati. Così ho proseguito per il mio solito zig-zag per le vie del quartiere dove c’erano poche finestre illuminate e pochi passanti. Sono arrivata fino in fondo a via Washington e poi sono tornata indietro sull’altro marciapiede. Non so perché, ma da sempre questa strada esercita su di me un grande fascino. In passato ci sono stati momenti in cui mi è sembrato di essere in un boulevard parigino e anche questa mattina è stato così, forse sono alcune case di colore chiaro o gli alberi maestosi, chissà. Ma trovo sempre piacevole questo mescolarsi di immagini e ricordi delle due città che più amo al mondo.

 

 

Riprendo a sognare

 

 

Posso davvero dire

di essere qui e non

altrove? Se quella

finestra buia si apre

all’improvviso e due

giovani si affacciano

con le tazzine di caffè

in mano sono qui, ora?

O sono nella città che

ricordo di avere sognato

anche ieri mattina?

Dove corrono le auto?

Sono arrivate già a

destinazione e l’esito

non cambierà. Chiudo

gli occhi, riprendo a

sognare, fuori è giorno.

 

 

 

Tra questa passeggiata mattutina e la scrittura di questa Cronaca 774 si è srotolata e arrotolata una giornata ricca di impegni e di lavoro. Mi impedisco di aggiungere altri inutili commenti sulla guerra e sullo sgomento che non mi abbandonano un istante, la vita quotidiana è davvero un ritaglio nel tempo, una parentesi che per noi europei d’Occidente continua a scorrere nella sua normalità: lavoro, pandemia, le prossime elezioni in Francia, il desiderio di viaggiare, pandemia, lavoro.

Oggi è giovedì 21 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, ecco ho dovuto scriverlo di nuovo. Arriverà il giorno in cui non sarà più necessario?

mercoledì 20 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/773. Poetica dei libri abbandonati e risorti

 

 


 

Sono uscita molto presto questa mattina, il cielo era ancora scuro e sono riuscita a vedere l’ultima stella della notte, poco prima che sorgesse la stella del mattino. Era da parecchio tempo che non mi capitava di strappare al cielo ben due stelle in così poco tempo. Durante la passeggiata sono passata accanto alla biblioteca. Qualcuno aveva lasciato un sacchetto di libri, ma non davanti al cancello, accanto a un bidone della spazzatura. Forse in biblioteca gli hanno detto che ancora non accettano donazioni e lo sconosciuto, chissà perché penso sia stato un uomo, ha preferito abbandonare quel sacchetto di libri per strada anziché riportarli a casa. Mi incuriosisco sempre quando trovo libri abbandonati per strada, così mi fermo a curiosare. E mi si ferma il cuore per almeno un paio di battiti, perché sono tutti libri di poesia. Nella raccolta Parole di Antonia Pozzi, trovo una bella stella alpina perfettamente essiccata. Forse la proprietaria, sono certa che si tratti di una proprietaria perché nella prima pagina del libro c’è un elegante ex-libris con un cielo stellato e un nome – Alma -  e l’iniziale del cognome - M. -, dopo avere letto le poesie della Pozzi era andata a fare una passeggiata sopra Pasturo, nei luoghi pozziani e aveva raccolto il fiore? Il secondo volume che trovo è un Meridiano Mondadori con tutte le poesie di Attilio Bertolucci. Anche qui ci sono fiori racchiusi tra le pagine, papaveri che il tempo ha scurito, tre fiordalisi ancora azzurri, alcune foglie di quercia. Anche questi fiori sono il ricordo di una passeggiata? Il terzo libro che estraggo dal sacchetto è Notti di pace occidentale di Antonella Anedda, qui ci sono tre mazzetti di gelsomini che non hanno più né colore né profumo. Il quarto libro è il Livro de poemas di Garcia Lorca e nell’ultima pagina c’è un cuore di petali di rosa. Poi trovo il volume Sansoni con le poesie e le lettere di Emily Dickinson e tra le pagine ci sono, ben schiacciate, due spighe di grano maturo legate insieme con un nastro rosso.

 

 

Il libri ci assomigliano

 

Dopo che un libro è stato

letto non appartiene solo

a chi lo ha scritto, perché

lo sguardo del lettore ha

lasciato segni su ogni pagina

e costruito mondi e ascoltato

voci lì dove ci sono solo

parole. Per questo amo

i libri che sono stati di

qualcun altro. Perché cerco

anche quella voce ignota,

la sua gioia nel leggere,

il cerchio delle lacrime sulla

pagina, il segno della matita

che sfiora un verso prezioso,

un pensiero importante.

I libri ci assomigliano, sono

gli oggetti più umani tra

tutti gli oggetti che creiamo.

Dobbiamo averne cura, come

fossero creature vive.   

 

 

È inutile che continui la passeggiata, il sacchetto pesa, così torno a casa per continuare la pesca miracolosa nel sacchetto dei libri abbandonati. Quelli che ho già scoperto li ho tutti, così potrò regalare questi orfani a qualcuno che non li ha.

Oggi è mercoledì 20 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 773 è un po’ scocciata perché siamo rimaste in giro troppo poco.

martedì 19 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/772. Non so come portare la luce tra le mani

 

 


Il canto del giardino oggi è intonato a quello della città. Il rumore del traffico non disturba i cespugli e i germogli, l’acqua che zampilla nella fontana allieta anche il groviglio dei passanti che non riescono a capire da dove arrivi quel suono gradevole che associano così alla primavera e al canto delle rondini che sfrecciano nel cielo. È dipinta su ogni ramo, su ogni foglia e su ogni muro la primavera. È quella luce di tutte le cose nuove, che ci fa comprendere che davvero la primavera è arrivata, anche se l’aria è fredda e i germogli sugli alberi sembrano ali ripiegate a proteggere piccoli corpi inermi. Raccolgo le mani a coppa per raccogliere questa luce mattutina e portarla in casa con me. Perché il cielo è limpido, ma l’aria è troppo, troppo fredda per essere già oltre la metà di aprile. Non so come portare la luce tra le mani, così la lascio scivolare tra le pagine del libro che ho in borsa. Una volta arrivata a casa, sfoglio con pazienza per trovare in quale anfratto cartaceo la luce si nasconde. Pare che anche a lei piaccia il profumo della carta stampata, tanto quanto piace a me. Quando finalmente si decide a scivolare fuori dal libro, in un attimo è un zampillo e in quello successivo spicca in volo che pare un’aquila.

 

 

Non cerco risposte già le intuisco

 

La luce ama gli anfratti

nei libri, occupa anche

il più piccolo pertugio

tra le sillabe e poi aspetta

che il libro venga aperto e

lei posso tornare a diffondersi.

Ma chi l’avrebbe detto che

la luce è così giocosa?

Mi scivola fuori dalle dita,

la lascio andare, me la

trovo in testa, mi scompiglia

i capelli come un vento

occidentale. È luce, mi dico,

solo luce, senza un nome

preciso, senza un itinerario.

Così arriva e si piazza sul

foglio per rendere chiaro

il pensiero e veloce ogni

parola. Ama la poesia,

la luce? O sa che la poesia

è figlia più ancora dell’ombra?

Lascio che le domande si

appendano al soffitto,

non cerco risposte, già

le intuisco.

 

 

Oggi è martedì 19 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, noi ci proviamo a resistere, noi che non abbiamo problemi materiali. Noi siamo lì, con loro, col pensiero e con la speranza. Questa Cronaca 772 ha indossato il suo costume di rondine e svolazza qua e là nel cielo.

 

lunedì 18 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/771. Dondolarsi ancora sul ramo più basso, anche se la notte è già scesa

 



 

È lunedì e di lunedì il mondo tace, la dolcezza del fine settimana è solo un ricordo, bisogna ricominciare a stare nella vita quotidiana, anche se la vita quotidiana è imbrigliata nella pandemia che diminuisce, ma non abbastanza, e nella guerra. Non è facile imparare a stare in questo mondo che non ci assomiglia, che non vorremmo fosse così com’è e che vorremmo diverso. Ma quanto possiamo davvero fare, se non porgere la nostra testimonianza? Oltre ai gesti di solidarietà possibile con la raccolta di denaro, abiti, cibo, medicine e coperte, non sono poi molte le azioni che possono fare la differenza. Possiamo però essere gentili con il nostro prossimo, con le persone a noi più vicine, possiamo donarci il bene quotidiano, sorriderci, accettare la fatica e continuare a sperare. In una fase storica come quella che stiamo vivendo è solo la speranza che può dare linfa al nostro vivere.

 

 

Conversazione con un albero e le sue foglie

 

Mi fermo sotto l’acero,

proprio quello che di

solito ammiro dalla

finestra. È sempre

lo stesso albero e

ogni giorno è diverso.

Le foglie sono più aperte,

il loro verde ancor più

brillante. Chiedo all’albero:

“Chi ti guarderà con questi

occhi amorosi quando io

non ci sarò più?”.

Sento una risposta che

le foglie si passano l’un

l’altra: “Quelli che leggeranno,

ci vedranno ancora tenere e

appena sbocciate come siamo.

Perché la poesia è un traghetto

del tempo presente nel futuro.

In un tempo che è un otto

rovesciato e che ritorna sempre

nel tempo in cui è partito”.

Avranno ragione le foglie?

Resisterà al tempo il mio albero?

Accarezzo il tronco, proprio

dove la corteccia tiene l’impronta

della mia mano e come un gatto,

l’albero risponde e rabbrividisce.

“Tornerò domani – gli dico – tornerò

e sarò nuova anch’io!”.

 

 

Oggi è lunedì 18 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca si dondola ancora sul ramo più basso, anche se la notte è già scesa.  

domenica 17 aprile 2022

Cronache dagli anni senza Carnevale/770. Come una preghiera, una meditazione e una pratica

 

 


 

Oggi è Pasqua, e la Cronaca sarà questa poesia che ho scritto per gli amici e le amiche di Philo. Una poesia che ho iniziato a scrivere domenica scorsa e che mi è passata tra le dita come un rosario, che ho sussurrato prima a me stessa come una preghiera, che ho accarezzato come una meditazione. Che ho scritto in bilico sul mio tavolo come una pratica intrecciata alla filosofia.

 

Trittico degli alberi e della pace

 

Milano 9-16 aprile 2022


Primo movimento

 

Gli alberi hanno un amico:

il vento che soffia gentile e

porta le voci tra i rami e

scompiglia ogni foglia che

nasce e accompagna ogni

foglia che cade. È una danza

la caduta, un movimento

gentile che apre alla trasformazione.

La foglia sarà terra, la pioggia

sarà linfa, la luce sarà colore.

 

Gli alberi hanno un nemico:

il vento che soffia impietoso

e strappa i nidi e i rami,

divelle le radici, scortica

la corteccia e cieco continua

la corsa da lupo inferocito.

Dopo la furia resta il silenzio,

gli alberi coricati sul fianco,

la grande quercia rossa piegata

nel cuore della città vecchia.

Il vento è tempo che reclama

il prezzo della vita.

 

Secondo movimento


Ogni albero è figlio del

caso, ogni albero è figlio

dell’intenzione. Chi ha

piantato il seme, chi

innestato la talea? Non

crescono frutti dove

l’esperienza non è intervenuta

a insegnare il gesto appropriato.

Le generazioni consegnano alle

generazioni la sapienza dei

semi e delle mani, noi impariamo.

 

Ogni albero è padre della

tempesta, ogni albero è

madre della notte. I rami

sono il setaccio del desiderio,

ci insegnano a scrivere nel

cielo, ci insegnano a

disimparare ogni regola

conosciuta. Perché l’alfabeto

dei cieli è nelle nuvole e

va appreso a ogni cambio

di vento e di luce.

 

Terzo movimento


Abbiamo camminato in

una città spoglia e

addormentata, abbiamo

cercato la giusta andatura,

i passi per dire pace, il silenzio

per dare vita alla pace,

una pace occidentale fatta

di intenzioni e pochi gesti.

Così ho imparato che

la via misteriosa che mi

porta nel luogo della condivisione,

nasconde una via parallela, di

affacci e cortili su una campagna

che conosce la pace dei decenni.

Ho guardato gli alberi e ho compreso

che la pace è loro amica, che

nella pace gli alberi sfidano

il cielo e i suoi significati.


Siamo ritornati dalla

quiete della campagna nascosta

dopo avere chiuso un cerchio.

I nostri pensieri erano grappoli

rimasti appesi negli alberi

pacificati della domenica mattina.

Non conoscono questi alberi

il clamore dei razzi e delle

bombe, non conoscono

i tronchi anneriti, le foglie

bruciate, i nidi sconvolti

e il silenzio dove nessun

uccello tornerà a cantare.

La guerra è nemica anche

degli alberi, di ogni ombra

e della sua luce. Ma restano

i pensieri buoni, le intenzioni

e quel salto verso l’infinito

altrove che cerchiamo sempre

insieme, ancora, insieme. 

 

 

Oggi è domenica 17 aprile del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 770 è più silenziosa e più poetica del solito.