Tutto per fermare il tempo, facciamo di tutto. Fotografie e post su FB che ogni giorno ci presenta i ricordi degli anni passati. Foto e ancora foto su IG, stories, più immagini che parole.
In altri tempi le immagini stavano nella
memoria, nell’immaginazione, nel teatro del sonno, nei sogni, nei dipinti. Ora
possiamo replicarle all’infinito grazie alle tecnologie. E le parole? Le parole
stavano nell’aria, nella memoria, nei libri, nella punta delle dita, nei quaderni.
Ora stanno anche nelle misteriose memorie dei pc e degli smartphone. Da cosa ci
viene questa smania di fermare il tempo quando sappiamo che è impossibile? Ora
abbiamo anche questi supporti tecnologici, ma ancora oggi ci basta prendere un
oggetto che ha una storia e tante immagini si affolleranno nella nostra mente e
cercheranno le parole per essere dette.
Filastrocca dei giorni della settimana
Dove sono nascoste quelle
domeniche d’inverno dove
studiavo al tavolo della cucina
e mio padre mi interrompeva
per preparare la cioccolata?
Dove abbiamo riposto quegli
infiniti lunedì mattina alle sei,
quando con la prima sveglia
accendevamo la stufa elettrica
e il fuoco sotto la caffettiera?
Il martedì portava già il peso
delle cose iniziate, era un giorno
tondo di lavoro e spesa, il latte
era finito e mancava sempre
una cerniera per finire un vestito.
Il mercoledì aveva le guglie come
il Duomo, il giorno in mezzo
alla settimana, preludio dei
futuri piaceri lontani da uffici
e scuole. Se il giovedì era
sempre grasso, lo dobbiamo
alla felicità del fine settimana,
proprio dietro l’angolo del
giorno seguente. Il venerdì era
serio, sussiegoso e chiaro
nelle case e nelle strade. Selvaggio
se stavi su un’isola deserta e
avevi un naufragio nel cuore e
nelle mani. E il sabato, oh il sabato,
quale meraviglia in ogni villaggio!
Il mercato, le spezie, i panni stesi
ai balconi, le grida dei bambini,
il rotolare delle biciclette, i pattini,
le caramelle. Poi il silenzio domenicale,
le campane della chiesa, la tovaglia
ricamata sul tavolo da pranzo. Proprio
quella tovaglia che ora tengo in mano,
e piego per riporla nel mio cassetto,
un luogo nuovo che ha un altro odore,
un’altra storia e non ha l’impronta
delle vostre mani.
Vanno così le cose, vanno come vanno, più anni
siamo stati insieme, più lungo sarà il distacco. Ma forse è impossibile
staccarsi da quelle domeniche d’infanzia, dalle voci care dei nostri genitori,
dal sorriso del fratellino che ancora non cammina. Per questo ho lasciato che
le immagini e i ricordi irrompessero in questo lunedì 27 dicembre del secondo
anno senza Carnevale e in questa Cronaca 659, aiutante della memoria e custode
di molte infanzie.
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