A volte ha sapore di ruggine l’infanzia, a volte di miele. A volte l’aria è mite e luminosa, a volte ricordiamo solo i giorni di tempesta. Quanti giorni è durata la nostra infanzia? Quante stagioni? Primavere, estati, autunni e inverni? In quale stagione eravamo più bambini? Quando lo stupore si è mutato in abitudine? Quante domande, simili per ciascuno di noi. Ma quanto sono diverse le risposte. Perché dipende dalla memoria individuale, dal caso, da quanta gioia abbiamo provato, da quanto amore abbiamo ricevuto, da quanto amore abbiamo imparato a donare. Lo spazio e il tempo, la famiglia dove siamo, forse un caso o forse il destino come sostiene Hillman. O forse una combinazione di entrambi, perché il daimon deve governare così tante variabili per scegliere la giusta incarnazione.
Nel
silenzio del fuoco e delle ombre
È un luogo scuro e misterioso
quello dove la nostra anima
vive prima di noi. E in un luogo
oscuro e misterioso ci porta
a vivere con lei. Lei sa mentre
noi tentenniamo, lei sa e lascia
che il nostro agire sia pari al
movimento di una stella nel
firmamento immenso, più grande
del nostro occhio, più profondo
di tutte le ombre, perché nei suoi
angoli luminosi e ardenti,
che poi sono braci, poi cenere e
alla fine solo memoria, dobbiamo
raccogliere le tracce e seguirle
sino alla nostra casa. Che è là
dove è sempre stata, dove già
siamo stati prima di arrivare quaggiù,
nel silenzio del fuoco e delle ombre,
nel silenzio del vento e delle stelle.
Nello stesso nostro silenzio che
scontorna le parole e le fa rifulgere
prima che il fuoco sia spento.
Oggi è mercoledì 1 dicembre del secondo anno
senza Carnevale, il mese di Natale, dei pini addobbati, dei fuochi accesi, della
luce che scema e poi ricomincia a crescere. Questa Cronaca 633 è una risonanza
di quella precedente e il tempo si è accovacciato con lei, nella cesta accanto
al fuoco. Manca solo la neve, manchi solo tu.
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