domenica 12 dicembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/644. Quando le storie arrivano da non si sa dove e neanche si presentano

 


Storie dell’Avvento/5. La vecchia e lo gnomo del giardino

 

Aveva smesso di piovere durante la notte, se ne era accorta perché il silenzio l’aveva svegliata. Le previsioni dicevano che ci sarebbe stato il sole e sole fu. I platani e gli ippocastani erano nudi, mentre resistevano ancora manciate di foglie gialle e rosse sugli aceri. Sembrava che quegli alberi rifiutassero di accettare che la stagione fosse ormai prossima all’inverno. C’erano addirittura due foglioline verdi, deboli e già stropicciate, che non sarebbero sopravvissute alla prima gelata. La donna, né giovane, né vecchia, ma più vecchia che giovane, uscì a passeggiare in giardino. Le lunghe gonne marroni, che d’inverno indossava a strati, uno sull’altro, spazzavano il sentiero e le foglie secche. Forse aveva iniziato a rimpicciolire come accadeva agli anziani, forse avrebbe dovuto accorciare gli orli. Intanto che camminava, spostava con la punta del bastone foglie morte e sassi. Si poteva giocare alla morra cinese con foglie, sassi e un bastone? Chi avrebbe vinto chi? Quando arrivò al suo acero preferito, il più alto, grande e vecchio di tutto il giardino, vide che su di lui di foglie non ce n’erano più. Di lui poteva fidarsi per valutare l’andamento delle stagioni. Se non c’erano più foglie, l’inverno era arrivato. Quando avrebbe letto i primi germogli tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, sapeva che in un mese e mezzo tutto sarebbe esploso nella nuova fioritura. Fu mentre girava intorno all’albero, piccolo rito che compiva tutti i giorni, vide accanto alla panchina, che d’estate beneficiava dell’ombra dell’acero, uno gnomo da giardino con la faccia arrabbiata che qualche buontempone le aveva lasciato lì. Forse era un gioco, portare un nano in giro e fotografarlo, magari poi se l’erano dimenticato. Quando si avvicinò per guardarlo meglio, le sopracciglia del nano si aggrottarono ancor di più, lo sguardo si alzò verso di lei e un’invettiva tonante uscì da quel petto largo che avrebbe meritato altre spalle e altre gambe. “Vrsmhl@#!!” “prfrs@@##!!!”. Benché non avesse capito un accidente di quelle parole, pronunciate in chissà quale lingua, si rese conto che l’omino si sapeva comunque esprimere con sufficiente chiarezza perché stava indicando la giubba verde senza diversi bottoni, i gomiti lisi anche sulle toppe, il cappello da gnomo, verde con una coccarda rossa, tutto sfilacciato, i pantaloni all’inglese strappati in più punti e anche gli stivali erano malmessi e di sicuro non lo proteggevano dalla pioggia. Ci mise meno di un istante a decidere, fece cenno allo gnomo di seguirla e si incamminò verso casa. Saltellando e continuando a imprecare “Prul@@##! Csss##@@!”, il mancato nano da giardino camminava e saltellava come fanno i bambini e tenne il suo passo. Quel che la donna ancora non sapeva era che, per essere uno gnomo, era ancora molto giovane, poche centinaia di anni appena, anche se doveva essersi allontanato da parecchio dalla sua famiglia, visto com’erano malmessi i suoi abiti. La donna guardò con occhio critico anche le sue vecchie gonne marroni, la giacca lisa e sfilacciata, sentì i capelli sfuggiti allo chignon che ricadevano in ciocche disordinate sul collo e intorno al viso, si vergognò del fazzoletto che metteva per uscire quando non aveva voglia di pettinarsi. Cosa mangiavano gli gnomi? Bacche, felci, funghi crudi? Mentre si poneva le oziose domande, il nano era salito in piedi su una sedia e stava guardando con occhi languidi, il ciambellone con la granella di zucchero che lei aveva sfornato il pomeriggio precedente. Così ne tagliò una fetta abbondante per l’inaspettato ospite e andò alla cucina economica per scaldargli una tazza di caffèlatte. Ma, accipicchia! Non aveva fatto in tempo a girarsi che la fettona di ciambellone era già sparita nella pancia dello gnomo. Aspettò di servirgli anche la bevanda prima di tagliarne un’altra, ma lui fu più lesto e si impadronì della metà torta restante e in quattro bocconi la inghiottì. Accipicchia! Esclamò la vecchia! Ma da quanto tempo non mangiavi? “Fffreupr@@##!!!”, sì doveva essere proprio tanto tempo. Visto che era ancora in piedi sulla sedia, Emma si avvicinò e, lesta quanto lui, estrasse dalla tasca della gonna il suo centimetro da sarta arrotolato e gli misurò le spalle, la lunghezza della braccia, la lunghezza della vita e della schiena, la circonferenza delle braccia, del torace, della pancia e della vita. Lo gnomo guardò in silenzio mentre lei gli prendeva le misure. Quando gli fece cenno di sollevare la giubba per misurare la lunghezza del cavallo dei pantaloni, riuscì anche ad arrossire e chiuse gli occhi. Lei sorrise, non erano molti i maschi così pudici, di solito si offrivano sfrontatamente alle sue mani, ma lui no, lui era diverso. Sotto la giubba c’erano anche un gilet verde e rosso, sopra una camicia e una canottiera di lana. Sotto i pantaloni portava di sicuro dei mutandoni di lana, perché così si usava in quei tempi. E anche dei calzettoni di lana grezza che dovevano fargli prurito sotto ai vecchi stivali. Prima che lui ricominciasse a imprecare, mise a scaldare un pentolone d’acqua per fargli fare il bagno e andò nel ripostiglio a cercare quegli stivali da ragazzo che non sapeva neanche più perché fossero lì. Allo gnomo si illuminò lo sguardo quando vide le calzature nuove e quando lei gli indicò la bagnarola pronta a essere riempita, fece per protestare, ma poi cambiò idea e fece cenno di sì con il testone che non teneva più ciondoloni ma che stava ben ritto sul collo. Dopo avere riempito la bagnarola, la schermò con il paravento che teneva chiuso in un angolo, mise in mano all’ometto un pezzo di sapone di Marsiglia e un grande telo da bagno e gli fece cenno di andare nella vasca. Lo gnomo obbedì senza fiatare.

Curiosi di sapere cosa succede poi? Anch’io e lo scopriremo domani, per oggi, domenica 12 dicembre del secondo anno senza Carnevale dobbiamo accontentarci dell’inizio di una nuova storia. Questa Cronaca 644 ridacchia, perché pensa di sapere cosa accadrà domani. Ma lo sa davvero? Intanto che vada anche lei a farsi un bagno prima di andare a dormire.

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