lunedì 6 dicembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/638. Fuori la notte scende con passi di volpe

 


Storie dell’Avvento/3. Hans dei lupi e dei mirtilli


Non aveva ancora deciso se preferiva raccogliere i mirtilli, affondare le dite tra i rami e far cadere i frutti nel cestino o chinarsi a raccogliere le fragoline di bosco che si nascondevano dietro le foglie. Così si offriva sempre di andare per i boschi a raccogliere quei piccoli frutti e tanti riusciva a portarne a casa, tanti ne aveva mangiati durante la raccolta. Fu durante uno di quei giri che un’estate, Hans aveva trovato dei cavalletti di filo spinato arrugginito e dei cartelli in una lingua straniera con un alfabeto strano che non aveva mai visto. Quando tornò a casa chiese alla mamma di quei cavalletti e dei cartelli indecifrabili e la mamma gli aveva raccontato che un tempo quello era un confine con un grande paese che si chiamava Unione Sovietica, ma che non esisteva più da ben prima della sua nascita. Hans amava le vecchie storie, ma sembrava che nessuno conoscesse la storia di quello specifico confine, così dopo qualche giorno era tornato a curiosare senza dire niente a casa. Erano ormai passati diversi anni da quell’estate e tutto il paesaggio intorno era innevato, anche se l’inverno ancora non era arrivato. In tarda mattinata, quando era ancora a scuola, il bambino iniziava a programmare un altro pezzetto di esplorazione della grande casa di Sollia. Nonna gli aveva detto che c’era stata una grande riunione segreta di uomini importanti, ma che la casa era crollata sotto il peso di una tremenda nevicata durante una tempesta, quando il nuovo secolo era appena iniziato. Ma sbagliava anche nonna, il cielo bianco della stagione fredda custodiva bene quel segreto. La grande casa bianca non era crollata, era stata solo inghiottita dal bosco e quando gli ultimi proprietari avevano chiuso l’albergo, se ne erano andati in città lasciando tutte le loro cose lì. O forse non se ne erano andati, forse erano scappati, o erano morti. Il confine tra i due stati attraversava la casa a zig-zag, così in cucina stavi in Norvegia e in salotto in Unione Sovietica. Hans lo sapeva perché nello studio del signor Einar aveva trovato diverse mappe molto dettagliate e carteggi di uomini politici importanti in quel lontano passato. Non aveva mai svelato a nessuno di quei ritrovamenti, così la casa di Sollia era diventata il suo rifugio, dove d’estate si fermava anche a dormire, quando la famiglia pensava che lui fosse in giro per i boschi a caccia. Nell’armadio della signora Astrid, la moglie di Einar, erano custoditi abiti di tutti i decenni del secolo Ventesimo. Fossero esistiti ancora i musei quella casa sarebbe stata già un museo. Invece, era la sua casa segreta, la casa dove un giorno sarebbe andato ad abitare. O da dove sarebbe fuggito, un giorno. Nella dispensa aveva accumulato barattoli di marmellata di mirtilli e di fragole che aveva imparato a fare guardando la nonna e la mamma innumerevoli estati. Aveva conservato anche farina, sale e zucchero, strutto, carne secca e aringhe sotto sale. Poteva resistere tutta la stagione fredda con quel cibo e poi rinnovare le scorte. Aveva esplorato tutta la casa e nella grande biblioteca c’erano molti più libri di quanti ne avrebbe mai potuti leggere in tutta la vita. Aveva trovato anche un corso di russo e diverse grammatiche che si potevano studiare utilizzando delle cassette, come aveva visto fare nei vecchi film. Ora che era diventato abbastanza grande per la caccia, aveva comunicato in famiglia che sarebbe partito alla ricerca di volpi artiche e di lupi. Ne aveva già avvistati parecchi, ma non aveva cuore di ucciderli. Anzi, quando si avvicinavano alla casa buttava sempre dei pezzi di carne per sfamarli. Il branco, piccolo, aveva imparato a fidarsi e aspettava che il vecchio maschio alfa si avvicinasse fino al cancello che recintava il giardino e poi anche gli altri si avvicinavano. C’erano la sua compagna, altre tre femmine di età diverse e un solo maschio giovane, troppo giovane per allontanarsi dalla famiglia. Indietro restava sempre un altro lupo, così vecchio che maschio o femmina era impossibile dirlo. Quando la carne secca cominciò a scarseggiare, Hans decise di andare a caccia e non gli fu difficile abbattere un cervo. Dopo averlo scuoiato e smembrato, aveva portato via la carne e il grasso che riusciva trasportare sullo slittino e aveva lasciato la carcassa ai lupi che gradirono molto. La pelle del cervo avrebbe potuto conciarla per farne pantaloni e una giacca nuova per l’estate. Ma quel giorno non vedeva l’ora di tornare a casa per leggere Čërnyj monah, il racconto il monaco nero di Anton Čechov che aveva già letto tradotto e che aveva deciso di leggere in originale, ora che padroneggiava piuttosto bene la lingua russa. In lontananza sentiva i lupi ululare, la neve aveva ricominciato a scendere, attizzò il fuoco e si sedette alla scrivania. Aveva deciso che leggere non gli bastava, doveva anche copiare quelle frasi per impadronirsi della lingua e di quella storia. La pendola del salotto batté le due del pomeriggio, fuori la notte scendeva con passi di volpe.

 

Oggi è lunedì 6 dicembre del secondo anno senza Carnevale e le Storie dell’Avvento continuano a presentarsi alla mia porta, così anche questa Cronaca 638 si rotola nella neve come un cucciolo.

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