Storie dell’Avvento/7. Il Signor Buio arriva a casa a pretende di essere ascoltato
“E adesso tocca a me!”.
Tutti si girarono a guardarsi intorno, ma non
c’era nessuno.
“Ma dove state guardando? Eccomi, sono
proprio qui!”.
Di nuovo non c’era nessuno nella stanza e
qualcuno si alzò per accendere la luce.
Il Signor Buio, che aveva parlato con voce
tonante, ma forse non abbastanza, fu costretto a ritirarsi in un angolo sotto
la poltrona. Sua sorella, la Signora Oscurità, continuava a calare in giardino
e quando anche le persone nella stanza si ritirarono, il Signor Buio poté
uscire e andare a sistemarsi. Si rese conto allora di avere sbagliato casa,
così strisciò fuori dalla finestra e attraversò il giardino. Era la casa
accanto quella giusta. Entrò senza bussare e vide che poteva confondersi bene
nell’ambiente. C’erano il camino acceso, un lume sul tavolo, sulla cucina a
legna bollivano una pentola d’acqua e una di ragù. C’era un profumo di cose
buone, riusciva a distinguere nell’aria anche il profumo di miele d’acacia che
qualcuno aveva mangiato spalmato sulle focaccine salate, e poi aroma di cera
d’api, di limoni spremuti, di noci e di melograni. Si stava bene in quella
stanza, riconobbe la vecchia pazza del giardino e il suo nuovo amico, lo gnomo
senza nome che si era trasferito da poco a vivere con lei. Lo gnomo stava
intagliando un pezzo di legno e lei leggeva un libro dalla copertina verde e
oro, il cui titolo era “Storie dell’Avvento”. Tossì un poco per far sentire la
propria presenza il Signor Buio, e la vecchia del giardino, vestita non solo di
marrone, perché indossava una giacca arancione quel giorno, lo riconobbe.
“Ti stavo aspettando Signor Buio, benvenuto”.
“Ma come fai a sapere che io sono proprio
io?”.
“Non è poi così difficile. Quando tu arrivi
io sento un grande senso di vuoto dentro di me. Vedo sempre passare per prima
tua sorella, la Signora Oscurità. Ma lei non ha mai cercato di entrare in casa,
si limita a coprire tutto il giardino e il cielo fino a che dura la notte. Ma tu
sei diverso Signor Buio. So che vivi non solo intorno, ma anche dentro di me. So
che hai scavato gallerie anche nell’anima dello gnomo senza nome, so che ci
sei. Ma è la prima volta che decidiamo di parlarci. Cosa ti ha spinto a farlo?”.
Il Signor Buio restò a lungo in silenzio perché
non aveva una risposta precisa. Da quando l’omino si era trasferito a casa
della pazza del giardino, lui aveva iniziato ad avere una smania di esserci, di
essere con loro, anche se non sapeva bene perché.
“Non lo so perché, signora mia. Ma ho capito
che dove siete voi, devo esserci anche io”:
“Penso che tu abbia ragione. Perché siamo
vecchi amici e io so di essere il tuo lato diurno. Io esisto perché tu sei dall’altro
lato del giorno, sempre”.
Il Signor Buio non poté che annuire, sapeva
di essere il gemello di quella donna prima ancora che di Sorella Oscurità.
“Sapevo di dovermi mostrare e sapevo che tu
mi avresti accolto come hai fatto con lo gnomo. Sai che adesso che sono arrivato,
forse dovremmo trovargli un nome? Nessuno può stare senza nome, senza essere
riconosciuto, non pensi?”.
Lo gnomo, sentitosi più volte chiamato in
causa, saltellò sino alla tavola: “Szzzss@@##!!” pronunciò a voce molto alta,
annuendo e gli altri due capirono che era d’accordo.
“Forse possiamo parlarne a tavola, mentre
ceniamo cosa ne pensate, miei frammenti di esistenza e di pensiero?”.
Sia lo gnomo senza nome, che il Signor Buio
si accomodarono alla tavola già imbandita. La signora pazza aveva gettato gli
spaghetti nell’acqua bollente, mentre lo gnomo grattugiava il parmigiano per
completare la pietanza. I piatti erano davvero enormi e ben conditi, Emma versò
anche del vino rosso e leggero della nuova vendemmia e i tre rimasero in
silenzio, sino a che l’ultimo spaghetto non venne risucchiato dalla bocca
invisibile del Buio. Fuori soffiava uno strano vento, leggero, che non era
tipico della stagione e nessuno, ancora, si decideva a parlare.
“Non so come dirtelo, Emma, ma dovrai
rassegnarti alla mia presenza. Non puoi scacciarmi, non puoi farmi scomparire. Io
qui sono e qui resto”.
Emma sospirò: “Ti conosco da tanti anni sai?
Cosa credi?”. La prima volta che ti ho sentito entrare in casa ero ancora una
bambina, non ho mai avuto paura di te, ma della tua capacità di far scomparire
tutte le cose, belle e brutte, quello sì, mi faceva paura. E me ne fa tutt’ora”.
Mentre Emma parlava, lo gnomo senza nome
guardava il Signor Buio con aria pensierosa, ma senza dire una parola. Sentendosi
così osservato, il Signor Buio sentì che qualcosa stava cambiando in lui. Il suo
corpo si stava facendo pesante e via via più definito. Ma cosa stava
succedendo?
Per oggi, martedì 14 dicembre del secondo
anno senza Carnevale ancora non lo scopriremo, ma questa Cronaca 646 mi
sussurra all’orecchio che lei ha capito, cosa succederà. Avrà davvero ragione?
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