martedì 14 dicembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/646. Dove impariamo che il buio, l’oscurità e la notte non sono la stessa cosa

 



Storie dell’Avvento/7. Il Signor Buio arriva a casa a pretende di essere ascoltato


“E adesso tocca a me!”.

Tutti si girarono a guardarsi intorno, ma non c’era nessuno.

“Ma dove state guardando? Eccomi, sono proprio qui!”.

Di nuovo non c’era nessuno nella stanza e qualcuno si alzò per accendere la luce.

Il Signor Buio, che aveva parlato con voce tonante, ma forse non abbastanza, fu costretto a ritirarsi in un angolo sotto la poltrona. Sua sorella, la Signora Oscurità, continuava a calare in giardino e quando anche le persone nella stanza si ritirarono, il Signor Buio poté uscire e andare a sistemarsi. Si rese conto allora di avere sbagliato casa, così strisciò fuori dalla finestra e attraversò il giardino. Era la casa accanto quella giusta. Entrò senza bussare e vide che poteva confondersi bene nell’ambiente. C’erano il camino acceso, un lume sul tavolo, sulla cucina a legna bollivano una pentola d’acqua e una di ragù. C’era un profumo di cose buone, riusciva a distinguere nell’aria anche il profumo di miele d’acacia che qualcuno aveva mangiato spalmato sulle focaccine salate, e poi aroma di cera d’api, di limoni spremuti, di noci e di melograni. Si stava bene in quella stanza, riconobbe la vecchia pazza del giardino e il suo nuovo amico, lo gnomo senza nome che si era trasferito da poco a vivere con lei. Lo gnomo stava intagliando un pezzo di legno e lei leggeva un libro dalla copertina verde e oro, il cui titolo era “Storie dell’Avvento”. Tossì un poco per far sentire la propria presenza il Signor Buio, e la vecchia del giardino, vestita non solo di marrone, perché indossava una giacca arancione quel giorno, lo riconobbe.

“Ti stavo aspettando Signor Buio, benvenuto”.

“Ma come fai a sapere che io sono proprio io?”.

“Non è poi così difficile. Quando tu arrivi io sento un grande senso di vuoto dentro di me. Vedo sempre passare per prima tua sorella, la Signora Oscurità. Ma lei non ha mai cercato di entrare in casa, si limita a coprire tutto il giardino e il cielo fino a che dura la notte. Ma tu sei diverso Signor Buio. So che vivi non solo intorno, ma anche dentro di me. So che hai scavato gallerie anche nell’anima dello gnomo senza nome, so che ci sei. Ma è la prima volta che decidiamo di parlarci. Cosa ti ha spinto a farlo?”.

Il Signor Buio restò a lungo in silenzio perché non aveva una risposta precisa. Da quando l’omino si era trasferito a casa della pazza del giardino, lui aveva iniziato ad avere una smania di esserci, di essere con loro, anche se non sapeva bene perché.

“Non lo so perché, signora mia. Ma ho capito che dove siete voi, devo esserci anche io”:

“Penso che tu abbia ragione. Perché siamo vecchi amici e io so di essere il tuo lato diurno. Io esisto perché tu sei dall’altro lato del giorno, sempre”.

Il Signor Buio non poté che annuire, sapeva di essere il gemello di quella donna prima ancora che di Sorella Oscurità.

“Sapevo di dovermi mostrare e sapevo che tu mi avresti accolto come hai fatto con lo gnomo. Sai che adesso che sono arrivato, forse dovremmo trovargli un nome? Nessuno può stare senza nome, senza essere riconosciuto, non pensi?”.

Lo gnomo, sentitosi più volte chiamato in causa, saltellò sino alla tavola: “Szzzss@@##!!” pronunciò a voce molto alta, annuendo e gli altri due capirono che era d’accordo.

“Forse possiamo parlarne a tavola, mentre ceniamo cosa ne pensate, miei frammenti di esistenza e di pensiero?”.

Sia lo gnomo senza nome, che il Signor Buio si accomodarono alla tavola già imbandita. La signora pazza aveva gettato gli spaghetti nell’acqua bollente, mentre lo gnomo grattugiava il parmigiano per completare la pietanza. I piatti erano davvero enormi e ben conditi, Emma versò anche del vino rosso e leggero della nuova vendemmia e i tre rimasero in silenzio, sino a che l’ultimo spaghetto non venne risucchiato dalla bocca invisibile del Buio. Fuori soffiava uno strano vento, leggero, che non era tipico della stagione e nessuno, ancora, si decideva a parlare.

“Non so come dirtelo, Emma, ma dovrai rassegnarti alla mia presenza. Non puoi scacciarmi, non puoi farmi scomparire. Io qui sono e qui resto”.

Emma sospirò: “Ti conosco da tanti anni sai? Cosa credi?”. La prima volta che ti ho sentito entrare in casa ero ancora una bambina, non ho mai avuto paura di te, ma della tua capacità di far scomparire tutte le cose, belle e brutte, quello sì, mi faceva paura. E me ne fa tutt’ora”.

Mentre Emma parlava, lo gnomo senza nome guardava il Signor Buio con aria pensierosa, ma senza dire una parola. Sentendosi così osservato, il Signor Buio sentì che qualcosa stava cambiando in lui. Il suo corpo si stava facendo pesante e via via più definito. Ma cosa stava succedendo?

 

Per oggi, martedì 14 dicembre del secondo anno senza Carnevale ancora non lo scopriremo, ma questa Cronaca 646 mi sussurra all’orecchio che lei ha capito, cosa succederà. Avrà davvero ragione?

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