Quando lo spazio ha inventato il tempo certo
non immaginava le vaste e imperiture conseguenze. Fatica e fatica, procedi, vai
avanti e indietro, piegati, arrotolati e poi che succede? Che agli umani piace
più l’idea del tempo e della sua irreversibilità e per poter dare un senso a
tutto questo spazio solcato si inventano, sempre gli umani, le storie e le
tecniche per narrarle. Scaraventato fuori dal mito, lo spazio arranca e non
riesce a far capire a questi umani che il tempo non esiste, che è una nostra
creazione e basta. Perché a noi piace raccontare storie e ci piace la
circolarità del tempo, amiamo i ritorni e le resurrezioni, non certo i salti
quantistici delle particelle sub-atomiche che vagano qua e là e se non le
stiamo guardando non ci sono, anzi neppure esistono. L’apoteosi del tempo
circolare nella tradizione occidentale è il ritorno del Bambino Sacro, la
nascita di Gesù che festeggiamo intorno al solstizio d’inverno, quando le
giornate ricominciano ad allungarsi. Anche le persone che detestano il Natale,
alcune lo odiano proprio, se pensassero al significato profondo di questa fase,
sarebbero più pietose con se stesse e si concederebbero di festeggiare una
delle due più belle festività cristiane. Anche l’altra è una nascita, anzi una
rinascita, il ritorno dal regno delle ombre, la sconfitta delle ombre. Un uomo
che sconfigge la morte e ritorna, non si fa toccare e ci dona una speranza per
la seconda volta. E questo accade due volte all’anno, tutti gli anni.
La luce che diventa neve e gelo
Che sia luce in una grotta, o
luce in una casa ben riscaldata,
è l’inverno che tiene saldo
il tempo nelle sue mani.
Tutta la luce che manca
nel cielo, l’inverno la trasforma
in gelo e neve, nel bianco
abbacinante che precede
il ritorno di quella luce e
dei nostri desideri. Ora
possiamo dormire accanto
al fuoco o fare compagnia
alle braci e aspettare quel
soffio che ci attizzerà e farà
danzare di nuovo con le fiamme.
Intanto siamo qui, aspettiamo
quel bambino divino, l’unico
mai ritornato a dire che ogni
storia inizia due volte e morire
è solo una curva nella strada.
Così mi perdo nella contemplazione del ghiaccio
e della neve, delle luci scintillanti su negozi e balconi, respiro l’aroma
della resina dei pini addobbati, preparo fiocchi rossi per i regali, mentre
oggi, sabato 11 dicembre del secondo anno senza Carnevale, questa Cronaca 643
gioca con i nastri come fanno i gatti con i gomitoli e io rido sotto i baffi e
vorrei buttarmi a terra e fare lo stesso.
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