venerdì 24 dicembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/656. Nel cuore dell’inverno il bambino divino abbandona la sua trascendenza per farsi uomo

 

 

Storie dell’Avvento/17. Ci sono racconti, una tavola imbandita, l’aria profuma di mandarini. Vieni a sederti con noi

 

Tutte le storie hanno un inizio, è il momento in cui scegliamo di tagliare il tempo e di fare di quella scena, di quelle parole le fondamenta di una narrazione. Lo si fa per istinto, lo si fa per vocazione e lo si fa per scelta, per accanimento e testardaggine. Per questo Parker sta nel suo capanno sul lago a chiacchierare con Jack London e in un’altra casa con un giardino ci sono Emma, il Signor Buio, lo gnomo senza nome e le bambine impossibili Lele e Riri. Ma per questa sera della Vigilia, posso fare un’altra cosa ancora e portarli tutti a cena con i personaggi della storia di Natale dell’anno scorso, con Bimba, Chino e Lino, Geppo e Miren. Il Natale è per me, insieme al giorno del compleanno, il giorno in cui un cerchio si chiude e uno si apre. È l’eterno ritorno della luce e della speranza. Gettati nel mondo da non si quali forze, non percepiamo il nostro eterno vagare, il nostro rotolare in questo spazio-tempo dove la nostra realtà è una costruzione quotidiana e dove la nostra immaginazione costruisce quel che in questo mondo non c’è più o non è mai stato. Questo è il nostro secondo anno senza Natale, un Natale in cui la narrazione dell’immunità di gregge si è frantumata contro l’aggressività di una variante, non è la prima, non sarà l’ultima. Possiamo sperare che i vaccini ci proteggano contro le manifestazioni peggiori dell’infezione, che ci evitino ricoveri, terapie intensive e morte. Proprio lei, la nera signora rimossa dalle narrazioni del reale e continuamente vissuta e rivissuta nei videogiochi, nei film horror, nei libri gialli. Il covid ci ha riportato a vivere, almeno in parte, nelle stesse condizioni dei nostri antenati che morivano di peste nera, lebbra e colera e influenza spagnola senza avere nessun vaccino a difenderli. Abbiamo guadagnato anni di vita, di benessere, di gioia quotidiana, abbiamo perduto l’incanto del mondo, la potenza numinosa del trascendente, quella ancor più misteriosa dell’arte. Eppure mi basta entrare in una chiesa qualunque della mia città, negli ultimi giorni ho visitato la Basilica di San Nazario in Brolo, una delle più antiche di Milano che si trova nell’omonima piazza, con la sua cappella di Santa Caterina; e la chiesa di Santa Maria degli Angeli e di San Francesco che è in piazzale Velasquez per sentire di nuovo quell’incanto. In questi due luoghi pressoché deserti ho sentito intatta la potenza della natività, del Dio che si incarna e trascende la sua onnipotenza per farsi bambino, una delle creature più fragili del pianeta. È sempre un lungo viaggio quello del bambino divino, un viaggio che inizia con un annuncio angelico e finisce su una croce. Ma l’Angelo ritornerà, ritorna sempre, e sempre il bambino nascerà nella prima famiglia non tradizionale della storia. Mentre scrivo in questo venerdì 24 dicembre del secondo anno senza Carnevale, la Cronaca 656 sta finendo di addobbarsi per il cenone e la festa che inizierà questa sera e finirà domani. Nella mia famiglia si festeggia sia con il cenone della Vigilia, che con il pranzo di Natale per far contenti tutti. Che è lo scopo dello stare insieme in queste ore. Ben protetti nelle nostre case, con buon cibo sulla tavola e i nostri cari intorno. Auguri a tutti e tutte – questo è il massimo dell’inclusività linguistica che intendo praticare – Buon Natale e che il bambino divino ci sfiori la mente con la sua grazia.

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