Storie dell’Avvento/13. Sprofondare sotto il peso del metallo e dell’inchiostro
La
grande stufa divorava legna come un drago l’aria intorno. Era bello rientrare
nel tepore della casa e provare quella sensazione di essere al sicuro, che
niente di male sarebbe potuto accadere. Quella sensazione arrivava dritta
dritta dall’infanzia, dai giorni precedenti il Natale, dove si portava in casa
un giovane abete con le radici che era stato fatto crescere in un vaso e che
con la primavera successiva, avrebbe provato il brivido di radicarsi, di
scendere nella terra. C’erano palline di Natale che arrivavano dall’infanzia
dei nonni, di vetro trasparente con delicate decorazioni di abeti verdi e
fiocchi rossi. C’erano le boule de neige comprate a Parigi, con la torre
Eiffel, Notre Dame e le Sacre Coeur, ricordo di un viaggio dei genitori.
C’erano tre palline di vetro smaltato rosa, bianco e oro, le superstiti di una
scatola da dodici, anche questa proveniente dall’Europa ma comprata da
Bergdorf. C’erano le palline di legno intagliate dal nonno e dipinte da lei.
C’erano quelle ricoperte di elaborati lavori all’uncinetto, come fossero delle
teiere. C’era una mezza pallina rossa, ricordo del gatto Merlino che era
riuscito a farla cadere proprio il suo ultimo Natale. Quante storie sono nascoste
in questi semplici oggetti che stanno chiusi in una scatola per la maggior
parte dell’anno. Mise il puntale a forma di stella cometa, quello era il
momento del culmine, quando papà la prendeva in braccio per permetterle di
compiere il rito. Ecco, aveva trovato la storia di Natale da scrivere per il
New Yorker. Ma non sarebbe stata una storia dolce e rassicurante. Sarebbe stato
il racconto di un Natale in cui le palline restano rinchiuse nella scatola e si
chiedono come mai, cosa possa essere successo di così grave al punto da non
meritare di uscire a festeggiare quel mese scarso privo di luce ma ricco di
cibo. Cosa poteva essere successo allora? Certo, la morte di un componente
della famiglia, la tremenda morte della madre. No, ancora più crudele, la morte
della bambina che metteva la stella cometa in cima all’albero. Ma noi adulti,
si chiese la scrittrice, siamo bambini che sono scomparsi o bambini che sono
sopravvissuti all’infanzia? Poteva decidere di essere meno crudele, niente
morti, bastava un divorzio, i genitori che litigano sempre perché il papà ha
una relazione con la segretaria. Oppure la mamma con il dentista. Oppure lui
con la cameriera del caffè sotto l’ufficio e lei con l’idraulico. Era terra di
divorzi l’America e New York più di qualunque altra città al mondo. Però decise
di scrivere anche una seconda storia di Natale, una storia agrodolce come
quella di Auggie Wren raccontata da Paul Auster e diventata uno dei suoi film
preferiti, Smoke, che guardava ogni
anno intorno a Natale. Ecco, avrebbe scritto la storia di una donna che
ripercorre la sua vita a partire dai film di Natale che l’hanno segnata. E doveva
cominciare con La vita è meravigliosa
di Frank Capra. Avrebbe scritto la storia a lieto fine sempre per la stessa
rivista, ma avrebbe usato un altro dei suoi pseudonimi. La scrittrice che
pensava di essere Fernando Pessoa, c’era da farsi venire le vertigini. L’albero
di Natale era pronto, accompagnò se stessa a mettere la stella cometa in punta,
era leggera, leggera come la bambina che era stata. Poi si mise al tavolo da
lavoro, un tavolo di legno appena sgrezzato che le aveva costruito il nonno
quando era ragazzina, non accese il computer, ma infilò un foglio nel rullo
della macchina da scrivere Remington portatile su cui aveva imparato a battere
a macchina. Era uno di quei giorni in cui le piaceva sentire il ticchettio
metallico dei tasti e vedere la carta sprofondare sotto il peso del metallo e
dell’inchiostro. Mentre lei si immerge nelle sue storie, noi lettori possiamo
svolazzare per la stanza come un angelo di marzapane, atterrare sul davanzale,
fare le smorfie all’orso che è passato a salutarla ma che lei non vede mai,
ballare con le tazzine e la teiera come in un film Disney, e anche di questo
lei non se ne accorge, perché sta vivendo in quell’altro mondo della sua
immaginazione.
Bene,
adesso prepariamoci a questi due racconti, cosa ci farà leggere per primo? Quello
triste triste o quello litigioso? O magari ci sorprenderà con una storia degna
dell’angelo Clarence?
Tamburello
le dita sul tavolo, in attesa di scoprire io stessa qual è la storia più
scalpitante e vera.
Oggi
è lunedì 20 dicembre del secondo anno senza Carnevale, l’ultimo giorno d’autunno,
mentre nel mondo impazza la variante Omicron e non si sa se i vaccini possano
tenerla a bada. Nel dubbio, questa Cronaca 652 esce sempre con una vezzosa mascherina
FPP2 di un bel rosso natalizio, con le renne e gli angioletti.
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