Storie dell’Avvento/11. Bisogna scegliersi un
nome per diventare grandi
Ssssttt, silenzio, solo questo Emma
riconosceva in fondo alla buca. Questo silenzio fatto di nulla, poi di respiri
sommessi, poi di battiti di piccoli cuori impazziti. Si accorse subito che in
fondo alla buca non c’erano le due bambine, ma due donne di mezza età come lei.
Quando si accorsero che le aveva riconosciute, mutarono aspetto e diventarono
due ragazze, e poi di nuovo le bambine.
“Tanto so chi siete ragazzine, fantasmi del
tempo passato, spettri del tempo che non sarà. È inutile che continuiate a
vagare nelle età della vita. In casa non c’è posto per voi due arrabbiate,
scontente e cattive. Se volete tornare nella casa con me, voglio che ci
torniate come bambine, questo può essere un nuovo inizio per noi. Dimenticate chi
siete e cosa non avete fatto, dimenticate chi avreste voluto essere e quello
che avete fatto. Io torno su e se non mi seguite, prendo la buca e la chiudo in
un cassetto, così avrete modo di pensarci su”.
Ciò detto Emma, improvvisamente diventata
saggia, con un balzo fu fuori dalla buca, la piegò senza aspettare le bambine e
la chiuse nell’armadio dei cappotti, proprio accanto alla porta d’ingresso. Non
ci volle molto tempo che sentì bussare sempre più forte e gridolini, colpi di
tosse e implorazioni. Così andò ad aprire e le bambine erano lì che si tenevano
per mano, sembravano più piccole di com’erano quando erano scappate in fondo
alla buca. Gli occhioni chiari di Riri la guardavano cercando di farla sentire
in colpa. Ma la maestra dei sensi di colpa era lei, non aveva bisogno della
bambinetta capricciosa a incalzarla. Mentre si sfidavano a colpi di sguardi
feroci, arrivarono il Signor Buio e lo gnomo senza nome.
“Ehm, ragazze, avremmo il piacere di
invitarvi a una cerimonia del tè in cui il Signor Gnomo senza Nome, ci dirà
qualcosa di molto, molto importante”.
Fu dichiarata una tregua senza parole e tutti
e cinque gli abitanti della casa andarono a sedersi intorno a una tavola imbandita
per un tipico tè all’inglese, con tramezzini, pasticcini, burro e marmellate,
torte squisite e panini fragranti”.
Mentre si accomodavano, qualcuno bussò alla
porta. Emma non poté fare a meno di pensare a quella vecchia canzoncina che
diceva più o meno “E se prima eravamo in due a ballare l’Alligalli, adesso
siamo in tre a ballare l’Alligalli. E se prima eravamo in tre a ballare l’Alligalli,
adesso siamo in quattro a ballare l’Alligalli”.
Si alzò e andò ad aprire e sulla soglia c’erano
una Signora dall’aspetto evanescente, la Signora Alba, sorella del Signor Buio
e uno gnomo dall’aspetto regalo, molto più anziano del suo ospite. I due si
presentarono parlando una buona lingua con due accenti stranieri pesantissimi.
Lo gnomo era uno zio dello gnomo senza nome ed era venuto a portare al nipote
le felicitazioni da parte di tutto il popolo degli ometti che vivevano nei
boschi e negli anfratti. Felicitazioni? Ma per cosa? Il mistero fu subito
svelato, la festa era stata organizzata perché lui aveva finalmente deciso il
suo nuovo nome. Così presero posto, iniziarono a gustare le prelibatezze imbandite
sulla tavola, a scambiarsi sorrisi di circostanza. Alla fine tagliarono anche
una torta di pan di Spagna, panna e fragole, che chissà da dove arrivavano, e
fu il momento in cui lo gnomo dichiarò di chiamarsi Aloysius e che d’ora in
avanti avrebbe passato il suo tempo a dipingere. Riri si illuminò quando sentì
parlare di pittura ed esclamò: “Anch’io, anch’io voglio dipingere e nient’altro!”. Così da una tasca il Signor Buio estrasse una
scatola di acquarelli per Riri e una valigetta di colori a olio per Aloysius. La
Signora Alba regalò a tutti i presenti album intonsi di diverse fogge e
spessori, pastelli a olio e a cera, matite colorate e temperini, così ciascuno
avrebbe potuto farne l’uso che più gli piaceva. Lo zio gnomo baciò in fronte il
nipote neonato e saltellò fuori dalla finestra. La tavola venne sgombrata e
tutti gli altri iniziarono a usare i colori e i quaderni nuovi e Riri si era
messa vicino allo gnomo con il nome nuovo e a copiare ogni suo gesto.
Ma che storia dell’Avvento è mai questa, vi
starete chiedendo? E come faccio a saperlo, io che sono solo la scrittrice?
Anche per oggi, sabato 18 dicembre del
secondo anno senza Carnevale, si chiude questa strana giornata e decido così di
andare a fare compagnia a questa Cronaca 650 che si è impadronita di una
scatola di pastelli a cera e sta disegnando forsennatamente una sua versione
dell’albero di Natale, e chi sono io per impedirglielo? Torneremo in questa
casa prima di Natale? Dipende, se gli abitanti ci chiameranno, torneremo molto
volentieri.
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