lunedì 28 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/204: quieta e limpida, è un canto l’ape che riposa in compagnia, nella luce scura dell’arnia

Mi chiedo da sempre cosa accade alla luce quando non la guardiamo. Smette forse di risplendere? Diventa buia?

Da sempre mi chiedo cosa accade agli oggetti di casa quando usciamo. Si muovono, giocano, cercano un posto migliore, si amano come fanno il soldatino di piombo e la ballerina?

Il mondo esiste senza i nostri occhi? Esiste senza il nostro sguardo? Dovrebbe essere così ma, poeticamente, ne sono sempre meno sicura.

Senza lo sguardo dell’amante, l’amata non esiste ancora. Sono l’occhio amoroso e le parole che lo accompagnano, a creare il nuovo mondo dove l’amore germoglia come se primavera avesse toccato lieve i suoi rami.

Così, mentre oggi mi stavo chiedendo del volo incantato delle api nei cieli d’autunno, questa poesia mi ha trovata:

 

Va l'ape gialla da incavo in incavo,

non breve la sua corsa nella luce;

vola fuori gioiosa nella grande pianura,

bello il convegno: ritrovarsi nell'arnia.

 

Ecco che ho avuto la mia risposta, gialle come un’ape e luminosa. Nell’arnia ci sono riparo, miele, le compagne e la Regina. Ma non la luce che è solo intorno e fuori. Allora forse non sempre la luce è necessaria alla poesia?

La poesia si nutre anche di miele e luce, di neve e nitore, di angeli e api che cedono la loro forma ai versi:

 

 

Per questo Doire mi è cara;

perché è quieta, perché è limpida;

è tutta piena di angeli bianchi

da un canto all'altro.

 

 

Quieta e limpida è stata la mattina di questo giorno freddo e ho inseguito con lo sguardo gli angeli in cima ai palazzi. E non erano solo angeli di pietra.

E il canto della breve quartina che avete letto non è solo, non indica solo che gli angeli hanno una voce, ma che la voce si diffonde da un angolo all’altro del cielo.

Che ricco bottino di immagini e antichi versi. Leggere le parole che arrivano da secoli remoti, pensate e scritte da donne e uomini senza volto, mi emoziona forse ancor di più che leggere i versi di autori moderni e contemporanei. Ma arriva un momento, in ogni tempo, in cui il poeta svanisce nei versi che ha scritto e quel che resta è solo quel canto limpido e alto.


La Cronaca 204 ci introduce nella trentesima settimana da che ho iniziato a scrivere dell’anno senza Carnevale. Oggi è l’ultimo lunedì di settembre, il suo ventottesimo giorno.

La prima quartina risale al Secolo IX, frammento tratti dal Libro di Uì Mhaine e dal Libro di Ballymote.

La seconda quartina è del Secolo VI; frammento attribuito a San Columcille. (Doire è l'antico nome di Derry, la città dove San Columcille aveva fondato un monastero) e me l’ha segnalata e letta il poeta Danilo Bramati che ha evocato Emily Dickinson, come se lei si fosse affacciata da questi antichi versi.

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