Da sempre mi chiedo cosa accade agli oggetti di casa quando usciamo. Si muovono, giocano, cercano un posto migliore, si amano come fanno il soldatino di piombo e la ballerina?
Il mondo esiste senza i nostri occhi? Esiste senza il nostro sguardo? Dovrebbe essere così ma, poeticamente, ne sono sempre meno sicura.
Senza lo sguardo dell’amante, l’amata non esiste ancora. Sono l’occhio amoroso e le parole che lo accompagnano, a creare il nuovo mondo dove l’amore germoglia come se primavera avesse toccato lieve i suoi rami.
Così, mentre oggi mi stavo chiedendo del volo incantato delle api nei cieli d’autunno, questa poesia mi ha trovata:
Va l'ape gialla da incavo in incavo,
non breve la
sua corsa nella luce;
vola fuori
gioiosa nella grande pianura,
bello il
convegno: ritrovarsi nell'arnia.
Ecco che ho avuto la mia risposta, gialle come un’ape e luminosa. Nell’arnia ci sono riparo, miele, le compagne e la Regina. Ma non la luce che è solo intorno e fuori. Allora forse non sempre la luce è necessaria alla poesia?
La poesia si nutre anche di miele e luce, di neve e nitore, di angeli e api che cedono la loro forma ai versi:
Per questo
Doire mi è cara;
perché è
quieta, perché è limpida;
è tutta
piena di angeli bianchi
da un canto
all'altro.
Quieta e
limpida è stata la mattina di questo giorno freddo e ho inseguito con lo
sguardo gli angeli in cima ai palazzi. E non erano solo angeli di pietra.
E il canto della breve quartina che avete letto non è solo, non indica solo che gli angeli hanno una voce, ma che la voce si diffonde da un angolo all’altro del cielo.
Che ricco bottino di immagini e antichi versi. Leggere le parole che arrivano da secoli remoti, pensate e scritte da donne e uomini senza volto, mi emoziona forse ancor di più che leggere i versi di autori moderni e contemporanei. Ma arriva un momento, in ogni tempo, in cui il poeta svanisce nei versi che ha scritto e quel che resta è solo quel canto limpido e alto.
La Cronaca
204 ci introduce nella trentesima settimana da che ho iniziato a scrivere
dell’anno senza Carnevale. Oggi è l’ultimo lunedì di settembre, il suo
ventottesimo giorno.
La prima quartina risale al Secolo IX, frammento tratti dal Libro di Uì Mhaine e dal Libro di Ballymote.
La seconda quartina è del Secolo VI; frammento attribuito a San Columcille. (Doire è l'antico nome di Derry, la città dove San Columcille aveva fondato un monastero) e me l’ha segnalata e letta il poeta Danilo Bramati che ha evocato Emily Dickinson, come se lei si fosse affacciata da questi antichi versi.
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