Ecco è arrivato l’autunno!
Arriva col
temporale, così
si annuncia
e disfa la tela
leggera
dell’estate. Incede
con passo
guerriero, oscura
il cielo e
strappa le foglie mille
a mille e
intorno lo temono
le rondini
che partono e anche
gli
uccellini che stanno nei nidi,
lo temono i
pochi fiori dai calici
appassiti.
Ma non le rose, le rose
sanno che la
stagione è solo un
nome, solo
un modo per dirci
come
prepararsi al freddo che
viene, alle
castagne, al vento
e alla
memoria che si apre, si
apre al
cielo e lascia che questo
tempo ci
attraversi senza dolore.
Nel falò di
ieri sera abbiamo gettato carte, pergamene, un piccolo scrigno, una tazza di
legno, una sciarpa rossa, qualche frammento delle stelle che il misterioso
architetto ha recuperato dalla sua casa, vecchi manoscritti del sapiente
guerriero. E poi una corona di cartone e uno scettro vero, dono del re e della
regina a questo fuoco. La sacerdotessa ha bruciato una poesia trascritta a mano
su un foglio già strappato che è la poesia giusta per celebrare questo primo
giorno d’autunno della seconda stagione che sta tutta intera in un unico anno. Il
poeta
Ho tre
poesie,
disse.
Pensa,
contare le poesie.
Emily le
gettava
in un baule,
io
non credo
proprio che le contasse,
apriva solo
un pacchetto di tè
e ne
scriveva una nuova.
Era giusto.
Una buona poesia
deve odorare
di tè.
O di terra
umida e legna appena tagliata.
Torno alla
finestra a guardare la pioggia che scende, mi piace, mi piace l’odore di terra
umida e legna appena tagliata.
Questa Cronaca 198 nasce come un fungo dal primo giorno d’autunno dell’anno senza Carnevale.
La prima
poesia è mia ed è inedita.
La seconda poesia
è di Olav H. Hauge, La terra azzurra,
traduzione di Fulvio Ferrari, Crocetti editore 2008
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