E così oggi
è l’ultimo giorno d’estate, il cielo si è ingrigito, l’aria è umida e l’umore
oscilla come le foglie sui rami.
Abbiamo ripiegato ombrelloni e sedie a sdraio, messo via i sandali e gli abiti leggeri di seta e lino. Anche il mare riconosce a prima vista l’autunno che arriva e si agita, spingendo le onde a cancellare le nostre orme sulla spiaggia.
Questa sera
saluteremo con una cena e un falò la stagione bella. Ho chiesto a tutti gli
abitanti della Casa delle Parole, agli amici e alle amiche che vivono nel mio
bizzarro mondo di poesia, di scegliere un oggetto e dei versi da gettare nel
fuoco per accompagnare la stagione splendente nel viaggio verso l’altro
emisfero.
Non ci avevo
mai fatto caso prima, la Terra è divisa in emisferi come il nostro cervello e
se una stagione sta da una parte non può essere contemporaneamente dall’altra.
E poi è divisa in spicchi come un’arancia dai meridiani e indossa pesanti
crinoline costituite dai paralleli.
Quello che
per noi è stare ritti nello spazio, è la testa in giù dell’altro emisfero e gli
antipodi sono il luogo dove sbucheremmo se potessimo scavare fino al centro
della terra e oltre. Noi italiani sbucheremmo in mezzo ai pascoli neo-zelandesi
e io cercherei il modo per andare a cercare le tracce delle loro due scrittrici
più note che sono anche tra le mie preferite in assoluto e siedono nell’alto
dell’Olimpo della Letteratura. Katherine Mansfield e Janet Frame sono due
meravigliose disadattate alla vita e al mondo. Katherine era tubercolotica e
alla ricerca di una salute impossibile, vagò per alcuni dei luoghi più belli d’Europa.
Fu l’unica scrittrice invidiata da Virginia Woolf e il fuoco rosso e bianco
della sua anima risplende ancora nei suoi racconti. Janet Frame l’abbiamo
scoperta tutti grazie al meraviglioso film di Jane Campion Un angelo alla mia tavola,
basato sui libri autobiografici della scrittrice. Janet soffriva, così dicono
le più recenti biografie, della sindrome di Asperger, se questo sia vero non lo
so, ma il suo fuoco è diverso da quello di Katherine, è un fuoco azzurro e
verde, ma brucia con la stessa intensità.
Nel mio
fuoco di questa sera, un fuoco arancione e rosso, getterò questa nuova poesia.
Un ricordo azzurro di lavanda, un ricordo giallo di
girasoli
Dove dormono
le api? Dove
dorme il
miele nelle stagioni
prive di
polline e fiori?
Restano, è
vero, alcune rose
fuori
stagione, ma l’ape non
ama le spine
intorno a tutta
quella
bellezza. E d’inverno
sono i fiori
di ghiaccio a
risplendere
nell’aria, ma l’ape
dorme nel
profondo del favo,
circondata
da miele, polline e
un ricordo
azzurro di lavanda,
un ricordo
giallo di girasoli.
È caldo
sicuro quel luogo, tanto
che anche la
luce vi cerca
rifugio per
preservare il colore
dorato
dell’estate. Basteranno
quelle poche
lame che sono
riuscite a
entrare, a mettersi
al sicuro,
per garantire il colore
alla luce
che sarà in primavera?
Ma tutta la
luce che non ce l’ha
fatta?
Sbiancherà con i tronchi
e i rami,
sbriciolerà le foglie e
i pochi
fiori. Mentre il re di
ghiaccio
tornerà a cercare la
sua sposa e
fioriranno i fiocchi
di neve,
geometriche creature
che non
sanno cosa sia rispecchiarsi
gli uni
negli altri. L’autunno farà
resistenza,
ma poi cederà e il passo
dell’inverno
affonderà nel biancore
che tutto
ripara, nelle steppe
siberiane dove
le slitte corrono,
senza
conoscere il giorno e la notte.
È tempo che
anche noi scegliamo
un rifugio
per la stagione bianca.
E scegliamo
il luogo dove il miele
riposa
accanto alle api e l’ultima
rosa ci
accompagna nell’invisibile
che tutto
circonda.
Forse di
fuochi dovremmo accenderne due ciascuno, uno per ogni emisfero, perché un
cervello non sia geloso dell’altro. Non so se riuscirò a farlo, ma vorrei che i
miei fuochi seguissero per metà l’estate dall’altra parte del mondo e per metà
scaldassero e mi accompagnassero verso il cuore della stagione fredda che tutti
temono, in particolare, in quest’anno di pandemia.
Chissà, forse
l’amore risplende e sceglie quella nostra metà di cervello che corrisponde a
una metà precisa di quello dell’essere amato.
Questa
storia dei due cervelli speculari e dei due emisferi terrestri mi appassiona. Ne
parlerò stasera, quando saremo intorno al falò.
La Cronaca
197 è stata scritta il ventuno settembre, ultimo giorno d’estate dell’anno
senza Carnevale. La poesia è mia ed è inedita.
Nessun commento:
Posta un commento