venerdì 25 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/201: il poeta prima trova e poi cerca, sorretto da ali splendenti, nutrito da radici profonde

 Crediamo che lo sguardo della memoria si affini con distanza, lontananza e tempo. Più il passato rapisce e frammenta gli episodi della nostra vita, più i paesaggi, le persone e le cose diventano minuscoli puntini in un firmamento del nulla, più pensiamo che ecco, che finalmente capiremo.

 

Ma questo è un errore di prospettiva, non bisogna concentrarsi su questi frammenti quasi invisibili e ricostruire una trama come si fa con certe figure nascoste in un disegno dove bisogna unire dei numeri per scoprire l’intero.

Non bisogna fidarsi della lontananza, bisogna forse accettare il fatto che la memoria funziona come un microscopio e non come un cannocchiale.

Così se guardo ad avvenimenti molto, molto lontani nel tempo, vedo i protagonisti così vicini e le loro parole risuonano alte come se fossimo ancora accanto.

E guardando con gli occhi della memoria, che non sono più gli stessi e forse non sono nemmeno più i miei, mi sono resa conto che non basta tornare a curare le radici dei bambini che siamo stati, bisogna tornare a curare le ali degli adolescenti che siamo o non siamo riusciti a essere.

Bambini e radici? Sì, bambini e radici, perché i bambini sono creature abitudinarie, amano mangiare gli stessi cibi, ascoltare le stesse favole ancora e ancora. In questi frammenti di tempo ripetuto le radici si fortificano e irrobustiscono. Poi quel tempo finisce e sono nuove e diverse le abitudini. Di nuovo cambiano i bambini e si arricchiscono, mi fanno venire in mente quelle pianticelle, come i potus o i ficus, messi a dimora nell’acqua perché mettano radici. Le vediamo crescere nel vaso trasparente, sappiamo che arriverà un giorno in cui le radici, più ancora che la pianta, saranno pronte per affondare nella terra.

Associare adolescenti e ali è molto più semplice, ma non tutte le ali sono abbastanza robuste per reggere il peso del nuovo corpo che nell’adolescenza si allunga, si allarga, cresce, tiene ancora per un po’ le rotondità e le indecisioni dell’infanzia. Ma poi, nel giro di pochi mesi diventa un giovane corpo adulto dominato dagli ormoni.

Le ali sono fragili, sono invisibili e ribelli, chiedono aria e spazio. Chiedono il cielo libero, l’immaginazione, stelle da raggiungere e nuove terre da scoprire.

Questa dimensione di libertà fisica e immaginativa alla mia, alla nostra, generazione era concessa. Ma le giovani generazioni hanno radici profonde e ali forti?

Mi interrogo ogni giorno su questi temi, in parte per questioni legate al mio lavoro, in parte perché sento la necessità profonda di fare qualcosa per loro, di insegnargli l’amore per la bellezza, la gioia dello studio, il desiderio di custodire quanto di bello e buono c’è nel mondo.

La poesia può essere uno strumento potentissimo, perché nutre le radici e fortifica le ali.

Prima di tutto leggendola, perché l’anima e le radici dell’essere si nutrono alla stessa fonte.

Poi, anche scrivendola, molti da piccoli e da adolescenti lo hanno fatto. Molti continuano a farlo, purtroppo senza ricordarsi che, come scriveva Alain Bousquet, il poeta prima trova e poi cerca.

Per augurarvi un lieto venerdì sera, mi congedo con una poesia che avevo già inserito nella Cronaca 22 del 30 marzo e che è tratta dal mio ultimo libro Un’estate invincibile.

 

Le storie portate dal vento

 

Se potessi scegliere come

volare, aprirei le mie ali di

rondine e ogni anno tornerei

là dove sono nata e ogni anno

partirei verso il mare che

diventa oceano per scoprire

quanto forti sono queste mie

ali e quanto immenso quel

desiderio di acqua rissosa

come è il mare nei giorni

di vento, infinito, ingannevole

come l’oceano è, quando mi

fermo a riposare.

 

Ma qui le ali devo tenerle

piegate per non spaventare

chi cammina soltanto e mai

guarda in alto, dove le foglie

anelano la pioggia e l’albero

è il segreto che custodisce nidi,

e il mio cuore sta appeso

alla grondaia da dove guardo

i libri e la libreria, altri alberi che

ora sono caduti e non ascoltano

più le storie portate dal vento.

 

 

Questa Cronaca 201 è figlia di un giorno livido e freddo, freddo come se fossimo già in inverno e invece è solo il 25 settembre dell’anno senza Carnevale.

Il titolo della Cronaca è la riebolarazione di un aforisma di Alain Bosquet tratto dalla raccolta Le gardien des rosées. In francese suona così: “Le poète trove d’abord. Il cherche ensuite”.

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