Continuo a essere triste e mesta, mille immagini di Gattina vengono a visitarmi e non è solo lei che mi cerca dal passato. Che è davvero un luogo, un luogo dove siamo già stati e dove possiamo ritornare solo grazie alla memoria e all’immaginazione.
Qui, nella Casa delle Parole tutti risentono della mia tristezza, tutti rivivono i loro lutti e le mancanze. Come riusciamo noi umani a far fronte alla mancanza e alla lontananza? Certo, i bei ricordi aiutano, la nostalgia si mescola con il dolore, la gratitudine con la consapevolezza del dono che è l’aver amato.
L’amore, a dire il vero, possiamo declinarlo in tutti i tempi verbali, sta sempre con noi, con le sue molteplici forme. Gli oggetti del nostro amore, oltre che reali, sono oggetti interiori e vivono in uno spazio che varia dalla forma di un nido all’infinito.
Il nostro spazio interiore coincide con l’eternità? Con il nostro inconscio individuale? Con l’inconscio collettivo? Psicoanalisti, filosofi e neuroscienziati pongono domande e cercano risposte in merito alla nostra coscienza, al senso di sé, alla memoria. E ancora oggi non ci sono certezze e risposte definitive. Sappiamo tante cose sul “come”, ma nulla sul “perché”.
Per questo voglio continuare a interrogarmi poeticamente e a tessere i fili della poesia e del tempo, così come posso e so fare.
La poesia mi suggerisce che gli oggetti del nostro amore vivono nell’eternità, che niente e nessuno è mai veramente perduto. Che l’amore è quel nido caldo che ci consola, che è un ricordo, una presenza, un’assenza e la nostalgia tutta intera.
La poesia mi conforta, mi fa sentire che posso camminare nel futuro e nel presente allo stesso tempo. È l’intenzione nel presente che crea il futuro. È l’impronta dell’ultimo passo che traccia il senso del passato.
Torno nel nostro giardino, la cerco, è ovunque insieme ai suoi gattini. Sospiro, ritorno in casa, guardo la luce dolce del tardo pomeriggio e mi chiedo cosa scrivere stasera.
Una poesia arriva, plana dolcemente sul mio foglio. Sono parole necessarie, per me, almeno. Per non vivere nel rimpianto e nel dolore, ci siamo amate moltissimo, anche il tempo lo sa.
L’aria che copia la tua forma
L’aria ha la stessa forma dei tuoi
baffi e delle orecchie. Nella
penombra della stanza ti vedo
camminare sul soffitto e poi,
sento il tuo peso sulla spalla e
un ronzio come di mille api che
mi accarezza il viso. Sorrido e
allungo una mano per accarezzarti,
ma è solo l’aria che sfioro e
il rumore del traffico invade la stanza.
Ti ho solo sognato? Il tocco della tua
coda, un miagolio, li sento chiari.
Richiudo gli occhi e resto sospesa
nel mondo delle ombre dove ora
vivi, dove ora vivi insieme a loro.
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