La fine di settembre, la pioggia, l’autunno piovoso, i giri intorno alla torre senza sapere se sono un falco, una tempesta o un grande canto. Giro, e la torre rotonda ha angoli che non avevo visto e che mi offrono un luogo dove sostare.
Non è necessario che i luoghi siano reali, un luogo può essere in un angolo del cuore o in un filamento della nostra anima. Sappiamo ormai che anima e cuore non sono la stessa cosa, e non lo sono lo spirito, l’intelletto, la mente, la coscienza e il cervello.
È uno strano fiore la nostra vita che nasce da mutazioni e rifondazioni, che porta con sé il fardello delle vite dei nostri antenati. Tutto nasce da qualcosa o qualcuno che esisteva già prima di noi. Ogni dolore e ogni gioia li lasceremo in eredità ai nostri discendenti fino nel cuore profondo dei loro geni.
Continuo a girare intorno alla mia torre e vedo il temporale avanzare da sud, mi sposto più veloce che posso, ma il vento tira la pioggia verso di noi e le foglie si arrendono e cadono, non hanno più la forza di lottare.
Cadere, cadere senza opporre resistenza, così la terra è un letto soffice di piume e non l’arduo selciato che ci sostiene i passi.
Chiedo al mio mare interno di firmare quel trattato di pace, di essere un trattato di pace prima e un carro poi, tirato da cavalli mansueti e che porti le stelle e la luce vivente che noi vediamo sino agli angoli di questa poesia che gira con me intorno alla torre e chiama la notte per nome.
Settembre, notte
Ora solo il
linguaggio può ridire quei gesti
scriverne
piano ripetendo l’ardore con cautela
fissando
perché restino ancora in questa stanza
le grandi
ombre di allora.
Schianta
ancora il tuo petto contro il mio
perché
questa è l’unica orma dell’amore
l’autunno
che replicava
stelle quasi
da un mondo uguale
la finestra,
la cornice di abete
l’addolorato
trattenersi delle schiene.
Lasciamo che gli amanti e gli amati si schiantino in un abbraccio serale. Lasciamo che l’autunno si intrometta e replichi le stelle che il mare stava pacificando.
Noi entriamo nella torre, accendiamo il fuoco, guardiamo il nero mondo di fuori che cerca di attrarci. Ma subito giriamo la schiena, raccogliamo il foglio e iniziamo a scrivere.
Questa
Cronaca 200, nasce il ventiquattresimo giorno di settembre dell’anno senza
Carnevale. Come tutte le cifre tonde fa impressione. E fa impressione perché 200
sono i giorni in cui siamo consapevoli di dover convivere con un virus.
Il titolo
della Cronaca è un aforisma di Alain Bosquet tratto dalla raccolta Le gardien des rosées. In francese suona
così: “La mer est une traité de paix entre l’étoile et le poème” e ringrazio
mia cognata Monica che me l’ha segnalato.
La poesia è di Antonella Anedda, tratta dalla sua raccolta che più amo: Notti di pace occidentale, Donzelli 1999.
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