giovedì 10 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/186: ...un sasso, una foglia, una porta nascosta

 

Prima della creazione venne il sogno, fu un sogno di immagini vorticose, di colori incandescenti, di parole in lingue non ancora nate.

Poi la mano si aprì e si tese, caddero i semi di melograno, le foglie dell’oleandro si aprirono alla prima stagione e questo gesto creò la prima memoria e il primo oblio.

L’oblio non esiste senza memoria, la segue passo passo perché ne è l’ombra, a volte leggera, a volte così difficile da portare.

Se teniamo la memoria nel cuore dove starà l’oblio? In una tasca di oscurità? O sarà luce accecante che rende comunque impossibile la visione?

 

Lo sguardo si apre sul vasto mondo, a che età avremo accumulato abbastanza ricordi per iniziare a ricordare anziché a vedere?

Perché immagini che non sapevamo più di avere visto tornano nei nostri occhi pur se con quella patina opaca che denuncia il passare del tempo?

L’unico luogo dove lo sguardo non troverà mai una replica di ciò che già conosce è un cielo nuvoloso. Non grazie al cielo ma grazie alla mutevolezza stessa delle nuvole.

Mai, mai potremo guardare due volte la stessa nuvola, mai potremo richiamarla intatta nella nostra memoria.

Nel teatro interiore lo spazio è ancora più ridotto, così ci accontentiamo di approssimazioni e sovrapposizioni, sino a quando le forme non saranno compiute e basteranno a se stesse.

La forma delle nuvole è l’unico segno che il tempo riconosce e di cui si fida. Se una nuvola è cambiata, il tempo saprà di essere passato su questa terra e in questo cielo.

La luce accompagna le metamorfosi nuvolesche, tinge la superficie e guida il carro d’oro del tramonto verso l’altro emisfero.

La diffusione dei colori è una conseguenza dell’amore sfrenato tra il tempo e la luce, l’arcobaleno e i pittori rapiscono i figli celesti di questo amore e ci trasmettono i colori e le forme. Che non è detto che siano o siano state reali.

I dipinti sono i figli terrestri della luce, lo sguardo dei pittori è la levatrice di paesaggi con figure assenti, di nature morte, di volti che mai si sono riflessi nell’occhio di un passante.

Davanti a noi le immagini si moltiplicano, come i dipinti, le poesie, i romanzi e noi viviamo in mondi che non sono il nostro e in quel mondo che ci colpisce lasciamo che i nostri occhi seminino e disperdano le visioni che già hanno accumulato.

Di certo non arriveremo mai con il nostro sguardo sino alla fine del tempo, con il nostro sguardo possiamo creare pietre miliari e lasciarle a chi ci seguirà.

“...un sasso, una foglia, una porta nascosta; di un sasso, una foglia, una porta. E di tutti i volti dimenticati.

Nudi e soli siamo venuti in esilio. Nel suo oscuro grembo non conoscemmo il volto di nostra madre, dalla prigione della sua carne siamo giunti all'indescrivibile, indicibile prigione di questa terra.

Chi di noi ha conosciuto il fratello? Chi ha guardato nel cuore del padre? Chi non è rimasto per sempre prigioniero? Chi non è per sempre solo e straniero?

O immane desolazione, persi nei torridi labirinti, tra le stelle lucenti su questo tizzone esausto e spento, persi! Muti cerchiamo la grande lingua dimenticata, la strada perduta per il cielo, un sasso, una foglia, una porta nascosta. Dove? Quando?

Perduto spirito, pianto dal vento, torna ancora”.

Muti cerchiamo la grande lingua dimenticata, scrutiamo il cielo in cerca delle nuvole che conosciamo anche se, già sappiamo, che anche il nostro sguardo dovrà dimenticarle.


Questa Cronaca 186 è nata il decimo giorno di settembre dell’anno senza Carnevale. Parlo e riparlo con tutti gli abitanti della Casa delle Parole perché sto scrivendo un altro testo e parlare serve a sciogliere i nodi.

 

La citazione è tratta dal romanzo di Thomas Wolfe O Lost, meglio conosciuto come Angelo, guarda il passato.


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