giovedì 3 settembre 2020

Cronache dall’anno senza Carnevale/179: aprirsi al mondo è cosa dolorosa. E le rose non sanno gridare

 


Nelle fatiche e nel dolore di un anno micidiale, oggi si è aggiunta la notizia della morte di una gatta che amavo moltissimo.

Gattina era apparsa all’improvviso nel giardino che sarebbe diventato il suo regno alla fine di settembre di tre anni fa. Denutrita e malmessa aveva scelto la nuova casa e il suo nuovo padrone. Di sicuro era una randagia, chissà se fuggita o abbandonata, le mancavano alcuni denti ed era anche un po’ spelacchiata. La prima veterinaria dove la portammo decretò che Gattina era un gatto anziano di almeno nove anni, sterilizzata e con un tumore al polmone destro. Vista la situazione complessiva aveva suggerito di “addormentarla”. Ma chi l’aveva trovata decise di accompagnarla nelle ultime settimane di vita e di non darle un nome per non affezionarsi troppo. Così Gattina venne chiamata e Gattina rimase. Nel giro di poco tempo scoprimmo che mangiava con sempre maggior appetito, ingrassava e cresceva. La dottoressa Titti venne interpellata di nuovo e disse che era una specie di “miracolo” perché la “natura è meravigliosa”. Il problema al polmone non era un tumore, ma una forma di asma che poteva essere curato solo con il cortisone. Così fu fatto e l’animalino delizioso che era diventò punto focale della casa. Era affettuosissima, giocherellona, simpatica, curiosa. Salutava sempre quando tornava in casa dal giardino, adorava stare appollaiata sulla spalla del suo padrone, di notte dormiva abbracciata a lui.

 

Trascorsi i mesi dell’autunno e i primi dell’inverno, alla fine di gennaio, una sera Gattina iniziò a miagolare selvaggiamente. Al punto che il suo umano si sentì in dovere di farla uscire, tranquillizzato dalla diagnosi della dottoressa Titti, era un gatto sterilizzato. Gattina, invece, non era una gatta anziana e, soprattutto, non era sterilizzata. Dopo cinque notti di scorribande selvagge, nel giro di due settimane il suo pancino, prima si arrotondò, poi iniziò a sembrare che avesse ingerito un intero uovo di Pasqua. Il suo padrone si convinse che Gattina fosse incinta solo quando la pancia oscillò vistosamente da sinistra verso destro.

 

Il mattino successivo una visita dalla dottoressa Titti confermo la gravidanza, un “miracolo”, perché “la natura è meravigliosa” e, forse, non era stata operata bene. A quel punto l’umano decise di cambiare veterinaria e quella nuova confermo quanto evidente e che Gattina poteva avere al massimo un anno, quindi al suo primo calore aveva incontrato il micio con cui si era accompagnata. Il gatto in questione venne individuato in un gattone bianco e nero che viveva nel giardino accanto e che ogni tanto veniva a farsi un giretto nel giardino di Gattina.

 

Trascorsero così i mesi di febbraio e marzo e la trepidazione in casa cresceva. Allo scadere preciso della gravidanza, cioè il 3 aprile del 2018, il mattino alle 8 le si ruppero le acque. Avevamo dormito abbracciate, lei sulla mia spalla destra con il musino appoggiato alla mia guancia. Così scattai in piedi e la portai nella grande scatola predisposta con coperte, asciugamani e traversine. L’ecografia fatta dalla nuova veterinaria ci aveva anticipato che i micini sarebbero stati tre. Il primo a nascere fu il più grosso, aveva un capoccione striato come la mamma, il corpo bianco come il papà e qualche striscia sul dorso, quindi venne chiamato Tiger. La seconda era più piccola e tigrata come la mamma, ma con sfumature marroni e nocciola anziché grigie. Intorno agli occhi aveva due grandi cerchi di pelo bianco che sembravano gli occhiali della regista Lina Wertmüller e così venne scelto anche il suo nome, Lina. Il terzo era più piccolo e fragile, aveva una grande macchia color nocciola sul capino e io lo chiamai Spotty, e piansi alla sua morte anche se rimase con noi solo tre giorni.

 

Il parto durò fino quasi alla una, meno di cinque ore, i gattini si attaccarono subito a succhiare il latte e quel giorno fu un giorno di grande felicità. Potrei continuare a raccontare tutte le prodezze dei micini e della giovane mamma, magari lo farò in un’altra Cronaca. Oggi mi fermo qui e per celebrare la vita di quella “piccola persona”, come la scrittrice Anna Maria Ortese definiva gli animali, pubblico alcune mie poesie dove c’è, e ci sarà per sempre, Gattina.

 

Attraversata dal silenzio

 

Solo il passo del gatto è

amico del silenzio, ha

un alfabeto segreto fatto

di cenni nell’aria e poche

distrazioni.

Si alza, si abbassa, seguito

dal movimento della coda

e benché tutto sembri uguale,

una nuova melodia attraversa

gli spazi bianchi tra note e

sillabe.

Così vorrei scrivere, leggera

e pensierosa, attraversata dal

silenzio e da poche parole.

 

 

Il giorno fa germogliare l’estate

 

Le campane rintoccano le sei,

in giardino cantano gli uccellini

e il vento freme foglia a foglia,

mentre lontano latrano cani

sconosciuti. Se anche tu fossi

ancora più vicino, non ti conoscerei

più di quanto già non sappia.

Con lo sguardo sei intento a

tessere pensieri che cercano

parole cui lasciarsi andare, mentre

la gatta gioca sul davanzale e

il sole frantuma l’oscurità

di questa stanza, nel cuore

di un’estate che germoglia

nel giorno.

 

Le rose non sanno gridare

 

Mi duole questo pomeriggio di silenzio,

credimi avrei voluto scriverti altre parole.

Ma qui sento solo la voce del cardellino

e le api impazzite di luce che agitano

gli steli di lavanda. Le gatte stanno agli

opposti dei vasi coi fichi d’India e l’oleandro

ruba il colore alla casa dell’altro giardino.

Tutto fiorisce senza un perché e nemmeno

la più magnifica delle rose sceglie l’istante

esatto della fioritura. Aprirsi al mondo è

cosa dolorosa. E le rose non sanno

gridare.

Il cielo vuoto di nuvole e vento

Non cade, non sale, non crolla, non

ombreggia, non ripara. Ora c’è solo

un tronco senza foglie, la metafora

perfetta per la memoria scarna che

abita questo giardino.

Basta poco per sentire la gioia

allargarmi il respiro. C’è la gatta che

ronza appoggiata al mio petto, l’odore

dei fichi dietro di noi e il cielo vuoto

di nuvole e vento.

E qui sento solo il tuo cuore

battere sul mio.

 

 

Ecco quel piccolo cuore non batte più, ma io lo sento ancora risuonarmi sul petto. Adesso taccio e vado a piangere in silenzio, da qualche parte.

 

La Cronaca 179, scritta nel terzo giorno di settembre dell’anno senza Carnevale è dedicata alla mia Gattina adorata che non rivedrò mai più.

Le poesie fanno parte del mio ultimo libro Un’estate invincibile, Atì editore 2019.

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