Per lasciare
spazio alla poesia non dobbiamo sottrarre spazio alla vita. Perché di vita la
poesia si nutre e quando noi la invitiamo ecco cosa accade:
Gli ospiti chiamati all’immensa tavola del mondo
Alla tavola imbandita non posso
più chiamare
nessun nome,
nessuno si
presenterà anche se
alzerò la
voce, nessuno spezzerà
il pane o
verserà il vino.
Per ogni
commensale ho scelto
la pietanza
più amata, il cibo
preferito,
ma anche così so
che gli
invitati sono ombre
e di aria
nutrono i loro
corpi
sottili che solo nell’ora
incerta che
tra la notte e il giorno
sta,
diventano visibili.
Per voi che
siete stati
ospiti
all’immensa tavola
del mondo,
alla chiara
tavola che
ospita non solo
cibo ma
anche le mie parole,
ho preparato
un pasto per
ricordarvi
tutti.
Pomodori
rossi e peperoni verdi,
pane
impastato e cotto da mani
antiche, acqua
presa alla fonte
dove si
abbeverano ancora
i nostri
desideri, dolce e fresca
più
dell’ombra meridiana.
Miele
raccolto dai favi, scintilla
d’oro e
sillaba perduta,
latte nero
dell’alba che
disseta la
poesia, poi bianco
nella
brocca, schiumoso quanto
le nuvole
che ho invitato
a farmi
compagnia.
Olio
distillato dagli ulivi antichi
dove
sedevamo nei pomeriggi
estivi,
vicino alla quercia immensa
che tiene
nel tronco le mie prime
parole, che
tiene il tuo sguardo
che per
primo le ha sillabate.
Abbiamo
avuto tutto ciò che
ci occorreva
e per chiudere
questo
banchetto di ricordi e
nostalgie,
sgranerò questo
primo
melograno e lascerò che
il suo succo
aspro coli lungo
le mie mani
e il profumo invada
ogni aria
intorno e il tuo piatto
di nuovo
vuoto, la sedia
scostata, mi
diranno che qui
sei stato e
ora a un altro
tavolo porti
quel che qui manca:
il tuo vero
sentire.
Il primo melograno l’ho sgranato chicco a chicco e ogni grano ora risplende sulla porcellana bianca, pronto a diventare una lieve offerta che i venti della stagione già stanno gridando in giro.
Potrei offrire questo dono al Re dei regni inferi, ma so che in cambio otterrei solo ombre che mi conoscono già e lui non ama questo frutto che gli ricorda la sua sposa ribelle.
Se offro il melograno alla Dea della memoria, andrà meglio, perché un’immagine di sicuro mi arriverà e sarà qualcosa che ho dimenticato, qualcosa che tornerà a essere vivo o viva e mi accompagnerà lungo il crinale della sera.
Mi resta una terza via, chiedere alla Signora dell’immaginazione di accettare questo dono terrestre, succoso e profumato e, in cambio, farmi accedere alla dimensione celeste dove lei regna senza rancori, senza rimpianti e si ciba del tenue azzurro dei giorni che saranno.
Poi guardo la sua tavola e scopro che accanto al mio melograno, al mio vero sentire, stanno la cenere e il fuoco dei regni sotterranei, stanno le tele tessute da Mnemosine e dalle sue ancelle.
Tutto è pronto per il banchetto serale e io capisco che non ci sarà festa senza che i doni terrestri e celesti, sotterranei o verdi, non vengano aspersi dalle acque di ogni regno, senza che i venti ne abbiano portato l’aroma su ogni tavola.
È un rito questa festa, è una fine e un nuovo inizio. Così indossiamo i mantelli e andiamo.
Le foglie che ci aspettano
Entrare
nella stagione fredda come
si varca una
porta. Scoprire che
la porta è
un arco di neve che ci
sta
sognando, lasciare che il sogno
parli alla
memoria, scoprire, infine
il vero
colore dei tuoi occhi. Che è
il colore di
tutte le foglie rannicchiate
nell’alba,
silenziose e in attesa.
Accarezzare i
venti e aspettare che
il sogno
diventi vero e le nostre
fiamme
danzino all’unisono.
Guardare le
foglie che si abbandonano
al fuoco, diventano
rosse e poi
svaniscono anche
nei nostri
sguardi che
restano rossi però, perché
guardiamo le
mele sul tavolo e
scriviamo
nuove poesie.
Ecco, settembre ci sta salutando con un inchino, il sole è già tramontato, l’aria si raffredda.
Questa
Cronaca 206 ci saluta in un turbinio di foglie e di poesie.
Gli ospiti chiamati all’immensa tavola del mondo l’ho scritta su invito di Guido Oldani per il volume Il segreto delle fragole Lietocolle, 2015, dedicato al tema del cibo in occasione dell’EXPO a Milano, e l’ho poi pubblicata nella raccolta Scrivere il vento, Atì editore 2016. Le foglie che ci aspettano è inedita, scritta per questo trentesimo giorno del nono mese dell’anno senza Carnevale.