Libri, montagne di libri, enciclopedie. Ti chiedi perché non
li hai ancora letti tutti, ma no, forse li hai durante quei meravigliosi e
interminabili pomeriggi d’infanzia, quando il tempo si tendeva come un elastico
e come un elastico ti lanciava in mondi vasti e sconosciuti. Quanto ho
viaggiato durante quegli anni, quanto mi sono appassionata alla lettura, quanto
è stato difficile prendere commiato da quella cameretta e dai sogni generati
dai libri e dall’attesa. Ma ora tutto è compiuto, le cose hanno trovato altre
destinazioni, i libri nuovi lettori e la casa avrà una nuova vita, una nuova
famiglia. La vera natura delle cose è il mutamento, l’essere create e usate,
poi trasmesse o gettate. Quasi niente di ciò che pertiene noi umani è eterno,
ma non siamo capaci di resistere al fascino degli oggetti, alla loro importanza
affettiva, prima ancora che al valore intrinseco o d’uso. Gli oggetti ci
parlano, si parlano da una generazione all’altra, ci accompagnano, a volte ci
opprimono, a volte ci servono. Prendo con me un’edizione dei Promessi Sposi illustrata da Giorgio De
Chirico, trascino un frammento di passato nel futuro e mi accontento. È così
strana la vita in questo scorcio di tempo e di spazio, è così difficile dare un
senso alle cose che accadono a prescindere da noi e dalla nostra volontà, cioè
quasi tutte.
Apro a caso Antonella Anedda e leggo:
XIII
a Nathan Zach
Anche questi sono versi di guerra
composti mentre infuria, non lontano, non vicino
seduti di sghembo a un tavolo rischiarato da lumi
mentre cingono le porte di palme
anche questo è un canto verso Dio
che chini lo sguardo sui suoi vermi e ci travolga
amati e non amati.
Non una tregua – un dono
per questa terra folgorata.
Il poco della poesia è il dono più grande, è la preghiera
laica che arriva a credenti e non credenti. E questo mi basta per oggi, lunedì 30
maggio del terzo anno senza Carnevale e per la sua Cronaca 813, folgorata da
questa poesia.
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