Quando si avvicina un temporale me ne accorgo ore e ore
prima perché sento quei minimi cambiamenti nell’aria e nella pressione che ne
sono i messaggeri. Nel momento preciso in cui sento che pioverà, non sempre
decido di tornare a casa o di cercare un riparo al chiuso. Spesso me sto per
strada e continuo a camminare come se la pioggia non mi riguardasse, come se
non stesse piovendo e fosse solo l’aria ad avere acquisito una diversa
consistenza. Respirare la pioggia è come
respirare il mare senza il salato, me lo dico tutte le volte. Poi quando il
battere delle gocce sul selciato si acquieta, riprendo la strada di casa e mi
avvio, con passo lento, lenta nei movimenti perché i vestiti inzuppati mi
fasciano come se fossi una mummia. Quando arrivo a casa mi spoglio non appena
entrata, poi mi infilo sotto la doccia calda e lascio che il sangue ricominci a
circolare a una velocità normale.
Poetica delle gocce
di pioggia
Non ha scelta la pioggia,
non hanno forma le gocce
prima di cadere. Solo quando
arriva l’istante del lancio
scoprono di essere più lunghe
che tonde. Non decide mai di
piovere la pioggia, solo è
pioggia, acqua impetuosa,
pensieri disordinati che
cercano una posizione nel
pensiero dominante del mondo
che è orizzontale, mentre
la pioggia cade solo in verticale.
Oggi pioveva nella mia memoria, ha piovuto nei sogni e
nei miei passi. Perché non occorre aspettare che davvero il temporale arrivi
sino a noi. Basta chiamarlo nella nostra testa e lasciare che la pioggia ci
bagni come fossimo terra arida da rianimare. Oggi è mercoledì 11 maggio del
terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 794 è
corsa in casa a prendere l’ombrello, mentre il suo titolo è il frammento di un
verso di Anne Perrier.
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