Oggi mi sono concessa lunghe chiacchiere letterarie con
la mia amica Elisabetta, chiacchiere corredate da progetti altrettanto
letterari e da molte fantasticherie intorno all’essere una scrittrice. A parte
questo dato di realtà, amicizia, scrittura, futuro, mi sono lasciata trasportare
da Cees Nooteboom in un faro sconosciuto che lui ha così mirabilmente scritto
in una poesia tratta da L’occhio del
monaco:
Non nella vita di tutti c’è posto per un faro,
ma nella mia sì. Oggi su quest’altra isola
sono andato al faro, pioggia, gridi
di gabbiani. La notte ho potuto stare col guardiano.
Fingeva di esistere ancora. Se l’è annotato,
una nave diretta a Nord, la forza del vento. E ho visto
nel buio una luce contro le onde, e lì vicino
quel che aveva scritto nella sua grafia antiquata.
Morto da tanto, lui. Tutti i mari percorsi, tutti i porti
visti,
Archangel’sk, Valparaíso, la poesia del medico di bordo.
Accendere, spegnere, una notte sul faro, brigantino verso
Nord,
silenzio, fumare, scrivere, silenzio, la luce sulla duna,
il faro ora abbandonato.
Ogni volta che leggo questi versi mi ritrovo a contemplare il buio della notte e a sentire quel silenzio privo di voci e rumori umani che in cima al faro è ancora più potente. Ma poi arriverà la tempesta, perché la tempesta arriva sempre e stravolge la vita dei naviganti, stravolge il tempo dell’attesa e ci costringe a trovare un’altra posizione nel mondo. E non sapremo sino alla fine come saremo e come sarà il mondo dopo. Così come non sapremo sino alla dichiarazione di pace che mondo ci aspetterà dopo questa inutile, violenta guerra che ancora non finisce. Oggi è venerdì 13 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra e questa Cronaca 796 si consola con le poesie di Nooteboom insieme a me.
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