Ci sono giorni come questo in cui non è semplice trovare un bandolo nella matassa delle ore e scegliere, alla fine della giornata, qualcosa di significativo che conservi il peso e il colore, la consistenza degli attimi e l’oblio che subito ne inghiotte la maggior parte. Così, decido di chiudere questa giornata come era iniziata.
Sotto il peso di
tutti i nostri sogni
Non vi ho sentiti ritornare,
così come non vi avevo
sentiti partire. Non ci sono
state premonizioni o avvisi,
neon una sirena ha infranto
la nebbia del porto, non
una luce improvvisa che ha
sfregiato la notte. Solo non
c’eravate più e la vostra assenza
era un lupo triste nella
prateria e una stagione di
mirtilli e foglie lacere già
si nascondeva oltre la linea
chiara dell’orizzonte. Poi
ho trovato le tracce, incise
sulla corteccia e sulla pietra,
potevo iniziare a seguirvi,
potevo iniziare a cercarvi.
Fuori l’alba annaspava sotto
il peso di tutti i nostri sogni.
Tra i sogno e il suo ricordo ieri ho trascorso una
giornata sul lago, il tempo non era clemente, c’era un vento gelido e non sono
riuscita a fermarmi troppo a lungo
seduta sotto i glicini a leggere. Non avevo voglia di scriverne e così lo
faccio con un giorno di ritardo
Oggi è mercoledì 4 maggio del terzo anno senza Carnevale e del primo giorno di guerra e questa Cronaca 787 sta annusando il ramo di glicine spezzato dal vento che abbiamo raccolto ieri.
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