La pittura è stata spesso foriera di folgorazioni nel
corso della mia vita ed è accaduto di nuovo anche oggi alla mostra Tiziano e l’immagine della donna nel
Cinquecento Veneziano. Sono esposti anche quadri di Tintoretto, Paolo
Veronese, Giorgione, Palma il Vecchio e molte delle opere sono di grande
bellezza. Ma la forza espressiva di Tarquinio
e Lucrezia, dipinto tra il 1570 e il 1576, probabilmente l’ultimo quadro
dell’artista, mi ha fatto molto riflettere sulla potenza espressiva dell’ultima
fase della vita. Perché è vero, così come esistono artisti che brillano nel
loro massimo fulgore durante la giovinezza, Rimbaud vale per tutti, ci sono
artisti che cambiano, maturano, crescono anno dopo anno. Crescere non è forse
il verbo adatto, utilizzare la parola crescita come sinonimo di miglioramento è
una stortura della mentalità economicista della nostra epoca. Nel suo ultimo
dipinto Tiziano ha rinunciato, o forse dovuto rinunciare, alla chiarezza del
tratto, alla limpidezza dei lineamenti, ma quanta potenza emerge da una scena
di violenza senza tempo? È come se il tempo fosse un setaccio e attraverso le
sue maglie sempre più strette, solo le cose più importanti arrivano a risplendere
proprio mentre è la luce del tramonto che illumina la vita. Un altro quadro
meraviglioso è di Palma il Vecchio, un ritratto di donna nota come “la Bella” e
la sua bellezza davvero ci giunge intatta dai quasi cinquecento anni che ci
separano.
Quando la luce
svanisce
Se guardo il tuo viso
liscio, privo di rughe,
riesco a immaginare
tutti i sentieri che saranno
scolpiti dalla vita. Se
guardo il tuo viso segnato
e sfioro i segni del tempo,
so che hai vissuto e
che nell’ordine del tempo
sei entrato. Un tempo
che era nostro, che è
nostro anche se la luce
scema sul filo dell’orizzonte.
Così anche questo mese finisce e oggi, martedì 31 maggio
del terzo anno senza Carnevale e del primo anno di guerra, ha raggiunto il
limite dell’orizzonte e si congeda con questa Cronaca 814, rugosa e allegra.