domenica 28 novembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/630. Le farfalle sono parole che si sono alzate in volo

 

 


 Quando vogliamo partire non sempre sappiamo che una parte di noi è già arrivata a destinazione. Può essere la tundra siberiana o la costa bretone battuta dai venti, ma sempre un pezzetto della nostra anima è già arrivato nei luoghi che abbiamo anche solo sognato. In tutto il mondo ci sono tracce di noi, anche se non lo sappiamo, e allo stesso modo tracce di mondo sono in noi. Sia quando lo abbiamo davvero visto con i nostri occhi, quando lo abbiamo toccato, annusato, mangiato, respirato, sia quando lo abbiamo solo immaginato e desiderato, filamenti di mondo, frammenti di mondo ci attraversano e poi sedimentano in noi e diventano parte di noi. C’è chi viaggia per piacere, chi per necessità, c’è anche chi non parte mai perché l’anima è al suo posto sempre nello stesso orizzonte, sotto lo stesso cielo e sotto gli stessi tetti e cornicioni dove le rondini tornano ogni primavera a nidificare. Ci sono anime che vagano perché devono vagare e nelle strade che percorrono, nelle persone che incontrano trovano i luoghi giusti per lasciare frammenti di sogni e storie e altrettanti portarne a casa. In questo doppio movimento dello stare e dell’andare possono nascere storie meravigliose che vogliono essere raccontate e ci sono anime vagabonde che nella tensione tra la casa e le origini, tra il tetto sconosciuto e lunghi percorsi su bus scassati che vanno a venti all’ora sulle strade del Marocco, trovano un senso nel loro essere e stare al mondo. È nel movimento che nascono le storie, è nel movimento che il tempo ricama il senso delle narrazioni e le parole sanno sempre dove andare quando la scrittrice fa volare sulla tastiera le dita come fossero ali di farfalla. Si alzano in volo tutte insieme queste farfalle e sfiorano l’anima di chi ha scritto per prima e poi le anime di chi legge, dopo.

 

Quando la storia sarà finita

 

Desiderio di essere altrove,

per cercare chi davvero

siamo. Per questo non

basta restare e immaginare,

bisogna immaginare e

andare, rinforzare le suole

di vento e credere che ogni

storia sia più grande della

nostra immaginazione. Per

questo ti dico vai e ritorna

solo quando la storia sarà

finita e la grande terrazza

pronta ad ascoltarti ancora,

anima mia vagabonda che

sogna sotto questi cieli.

 

 

 

Che voglia di prendere e partire, che voglia di stare in giro e non sapere mai al risveglio i luoghi, le persone, i cieli, il cibo e l’aria che avremmo incontrato. Una delle grandi maledizioni figlie di questa pandemia infinita è proprio l’aver reso i viaggi più complicati e rischiosi. Ma per fortuna ci sono i libri e i film, mi ricorda questa Cronaca 630 di domenica 28 novembre del secondo anno senza Carnevale, mentre guardiamo dall’alto Milano e il suo libero cielo.

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