giovedì 4 novembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/606. Il canto della foresta, dove il vento non ha voce noi l’udiamo

 


 

È l’albero piccolo a scegliere un Maestro tra gli alberi grandi, niente gli viene regalato. L’alberello riconosce la forma delle foglie e si tira e si tende verso l’albero maggiore e lo sfiora. Allora tutti i rami fremono, le radici si arricciano e le foglie chiamano il vento che accorre e inizia a insegnare all’albero piccolo il canto della specie, la giusta intonazione. L’alberello ripete con il vento, agita le foglie allo stesso ritmo, impara presto perché il canto scorre con la linfa e sbagliare è impossibile. Mano a mano che gli alberi giovani nascono e crescono intorno all’albero madre, ecco che il bosco, più piccolo e vicino a noi umani, ce ne sono diversi non lontano dalla Casa delle Parole, si infittisce e si regala radure solo per il piacere di vedere i raggi del sole cadere dritti sull’erba e i cespugli. Tutto pullula di vita sopra e sotto gli alberi e sotto la terra e nel cielo. Quanto più gli umani sono distanti, tanto più il bosco può a iniziare a espandersi oltre i confini che si era dato. Sale e striscia su verso la sommità della collina e non ci saranno padri e regole a fermare questa scalata, il mondo è immenso visto da lassù, le colline seguono altre colline, giù fino alla pianura e al mare da un lato. Mentre dall’altro salgono, dolci e impetuose su fino alle Montagne della Nebbia. Così il bosco è cresciuto e negli anni è diventato foresta, il luogo dove i misteri si infittiscono e dove i lupi regnano in tutte le stagioni.

 

 

La casa che era bosco, era linfa e foglia

 

Foglie, foglie sono il mio

tetto, l’acqua scorre nel

suo letto e si abbeverano

le creature che camminano

e strisciano, anche la pioggia

si ferma sulla soglia della

radura e leva lo sguardo oltre

gli alberi, oltre le colline,

cerca il mare questa pioggia

d’autunno, ma il mare non

risponde al suo richiamo,

neanche il vento ha voce,

possiamo solo restare tutti

zitti e sperare che questo

silenzio attiri i lupi e con

loro potremo trascorrere

la stagione bianca e grigia,

dormire sotto una coltre di

neve e sognare che l’autunno

non è mai arrivato, che noi

non siamo invecchiati di

un giorno, che corriamo ancora

nel bosco, da una radura a quella

dopo, come i cerbiatti e le poiane,

certi che ci sarà una risposta

proprio in fondo al sentiero.

 

Non solo sento la casa crescermi intorno, offrirmi riparo, sento i rami che stanno crescendo dalle mie braccia, sento le foglie dove c’erano le dita e le unghie. In quale mito sono rimasta se adesso non sono più una fanciulla ma un’antica quercia che i pellegrini si fermano a salutare a metà del loro cammino?

Oggi è giovedì 4 novembre del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca 606 ha proprio assunto la forma di quella quercia e della mia immaginazione.

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