mercoledì 17 novembre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/619. Avere cura di ciò che già esiste, immaginare ciò che ancora non esiste

 


 

È tutto sempre uguale, giorno o notte non fa differenza, la pioggia novembrina impregna l’aria, le foglie cadute. Fa brillare le strade, i vetri delle finestre e la luce dei lampioni che resta accesa sempre sino a più tardi ogni giorno. Sembra che il tempo si diverta ad allineare i giorni uno sull’altro per farne un muro, la malta con cui li lega è fatta con le nostre vite, i colori sono spenti, perché il passato ha un colore spento anche quando lo ricordiamo vivido e scintillante. Da questo lato del muro possiamo abbandonarci alla malinconia dell’autunno, alle cose perdute e che non riavremo o rivedremo mai più. È come stare chiusi in una casa vittoriana che non ha vista se non sulle pareti delle case accanto. Come è intensa questa tristezza fatta d’acqua e ricci delle castagne scoppiati e che nessuno ha raccolto. Forse il Limbo assomiglia a questo muro di mattoni tutti uguali, è così pesante che non riusciamo neanche a ricordare che i giorni non sono mai uguali, che questo muro è solo un’illusione ottica, che nessun giorno è stato uguale a un altro, tutto cambia a ogni minimo movimento della luce, tutto cambia e noi siamo parte attiva, e non solo passiva, di questo eterno cambiamento, di questo mutare da una forma all’altra, di questo rotolare e accavallarsi degli attimi di cui il tempo è formato. Questo muro illusorio, però, ci permette di fermarci a riflettere su cosa abbiamo fatto, su chi siamo stati e a provare un nuovo modo di stare al mondo, ad avere cura delle persone e delle cose, a essere gentili, a essere giusti, a essere pietosi. È questo lo straordinario dell’essere le creature che siamo, imperfette ma perfettibili, possiamo cambiare e migliorare come cambiano la luce e le stagioni.

 

 

 

Consigli per entrare in una stanza sconosciuta

 

 

La bellezza è un fatto

accidentale, possiamo

ammirarla e riprodurla,

ma continuiamo a ignorare

il suo segreto. In questa

città invernale, tutte quante

le finestre sono quadri neri

in attesa che un ritorno

le illumini una a una. Nessuna

strada finisce mai davvero

dove lo immaginiamo, nessun

bosco è troppo fitto per

non essere attraversato.

Così come l’acqua scorre

dal monte verso il mare,

così si muove il tempo senza

respiro. Lui costruisce i muri,

ma solo noi possiamo vederli

e raccontarli, aprire finestre

e porte, aggiungere dei

rampicanti e poi entrare

in una stanza nuova e sconosciuta.

 

 

Capisco la piccola Cronaca di ieri che si è avventurata da sola nel bosco delle parole. Bisogna avere questo coraggio, entrare da soli nel bosco delle parole per far sì che le nostre stesse parole possano rigenerarsi e trovare un nuovo senso. Bisogna avventurarsi in un libro, nuovo o già amato, e lasciarsi incantare dalla tessitura del linguaggio, bisogna provare e riprovare perché le nostre parole abbiano un senso e una direzione. La piccola Cronaca scomparsa di ieri me lo ha ricordato, così adesso saluto questa Cronaca 619 di mercoledì 17 novembre del secondo anno senza Carnevale e lascio che si avventuri dove le pare. La notte è ancora lunga, non ci sono proibizioni o divieti, basta lasciarsi trasportare dall’immaginazione e dal desiderio intatto di contribuire alla creazione di ciò che ancora non esiste e alla cura di ciò che è già con noi e in noi.

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