A volte bisogna cambiare prospettiva per
imparare di nuovo a vedere le cose. Un po’ come chiede il professor Keating nel
film L’attimo fuggente ai suoi
studenti quando li fa salire in piedi sui banchi. Salire su una scrivania in
ufficio fa uno strano effetto, la stanza sembra più ampia e anche più luminosa.
Salire sul tavolo della cucina permette di vedere la parte superiore dei
mobili, i libri di ricette che non usiamo mai, la piccola collezione di
bottiglie verdi, ricordo di cene e amici inghiottiti dal tempo. Per guardare da
un’altra prospettiva il soggiorno e lo studio, ma anche la camera da letto,
bisogna arrampicarsi in cima alla scala grande. Ecco dov’era finito quel
romanzo di Carrère che era sparito, era solo scivolato tra il divano e il
tavolino ed era rimasto intrappolato in una piega del telo colorato che cercava
di difendere il divano dalla passione dei gatti che amavano rifarsi le unghie
sugli angoli. Per guardare al quartiere con occhio diverso, bastava salire sino
all’ultimo piano del palazzo e guardare verso nord-est per riconoscere le Tre
Torri di City Life e riconoscere le vie che portavano verso la vecchia fiera
che era un fantasma nella memoria. Tutta la città era una città fantasma, anche
il fiume Olona scorreva sepolto sotto strati di terra e asfalto, il suo corso
era stato deviato con un’ottima opera di ingegneria idraulica e in quel quartiere
della città non c’erano esondazioni, come invece accadeva sempre dove
scorrevano il Lambro e il Seveso.
Una volta arrivata in cima al palazzo aspetto
che il sole tramonti, cerco di andare oltre le luci della città, verso la luna,
invisibile, e le stelle fioche e remote. Anche se l’aria è già fredda,
approfitto della sedia a sdraio della signora Luisa e mi accomodo meglio. E
riporto alla mente una conferenza interessantissima dove una brillante filosofa
aveva parlato di Pico della Mirandola, di Giordano Bruno e del Rinascimento. È proprio
in quel preciso momento che sento in me e intorno a me che la terra è il cielo
della luna. Noi siamo il cielo di qualcun altro? Possiamo cadere da questo
cielo? È solo la forza di gravità che ci impedisce di cadere o è, piuttosto, la
forza dell’immaginazione?
Guardare
senza credere a ciò che vediamo
Luna, mia luna che sei
il cielo di questa terra,
non cadere su questa
città e sulle sue case,
lascia che noi siamo,
per oggi almeno, il tuo
cielo e tu la nuova
terra, quella dove vanno
a riposare i sogni prima
di tornare a casa. Prendi
le nostre parole e fanne
nuvole, pioggia o vento.
Noi staremo buoni, buoni
e in silenzio. Per la prima
volta densi come le nuvole
che crediamo leggere e
forti come il vento che
soffia gli impeti della volontà
prima ancora di quelli della
memoria. Terra o luna due
arance blu nel cielo nero,
se guardiamo senza credere
a ciò che vediamo.
Gli esercizi per lo sguardo sono seri e molto
impegnativi, continuo ad allenarmi, non mi stanco mai. Com’è vasto il mondo,
come mi sorprende, come mi piace guardarmi intorno e immaginare quel che non
riesco a vedere, quel che non c’è più, quel che non ci sarà mai.
Oggi è mercoledì 10 novembre del secondo anno senza Carnevale e la sua Cronaca 612, occhiuta più che mai, continua a guardarsi intorno e mi racconta tutto quello che vede.
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