Non è che una piccola nube, grigia, oblunga e
bassa. Se ne sta in mezzo alle altre nubi che si spostano lente sulla città mai
più silenziosa. È molto curiosa la piccola nuvola e vorrebbe scendere ancora un
po’ per vedere cosa succede laggiù sulla terra. Ma il tuono la ferma e le
insegna che quando si scende troppo, un solo destino è inevitabile, sciogliersi
in vapore acqueo se l’aria è troppo calda, rapprendersi in pioggia se, invece,
è fredda. Il vento le suggerisce di restare in ordine, nell’ordine delle nuvole
ben inteso che non è quello che intendiamo noi umani, di restare nella
formazione e imitare le mosse delle nuvole più anziane, quelle che hanno anche
più di un giorno e non solo una mezz’ora come lei. La piccola nube annuisce,
come fanno le nuvole e noi umani non capiamo, si mette in fila ben impettita e
poi lascia che tutte le altre nuvole, quasi tutte grigie, qualcuna bianca ma
molto, molto opaca, le sfilino davanti come un gregge di pecorelle, similitudine
che a loro, gli umani, cioè noi piaceva moltissimo usare. Quando fu certa di
essere rimasta in coda, ecco che trattiene il respiro, che è un respiro da
nuvola e non assomiglia a nessun respiro umano, e non solo resta indietro, ma
può proprio scendere, con le dovute precauzioni, verso la terra che tanto
l’attira. L’aria è mite in quel momento, il vento continua a stare dietro al
gregge e i tuoni borbottano come vecchietti addormentati davanti all’osteria.
Scende e scende la piccola nuvola, sino a quando inizia a distinguere le auto
colorate, sono quasi tutte grigie come le nuvole a ben guardare, e si muovono
su strisce di terra molto scura con linee intere e linee spezzate bianche che
le dividono in due.
La
catena dell’ombra e della terra
Delle nuvole è il cielo, come
degli uccelli e delle foglie.
Ma anche dei sognatori è il cielo,
lo sanno nuvole e uccelli, un po’
meno le foglie perché sono intente
a seguire la melodia che le
condurrà a terra per accorgersi
che ci sono sogni e immaginazioni
sparpagliati nei cieli e nessuno
ne conosce i proprietari, nessuno
vuole scoprire che un sogno lieve
è dell’uomo triste, nessuno vuole
carpire il segreto della ballerina
che volteggia, del fiore che sboccia.
Forse il cielo è di chi lo guarda, forse
non esiste un solo cielo, forse esiste
un cielo per ogni sguardo che si
alza e smette di sentire la gravità
che ci incatena all’ombra e alla terra.
Scende e scende, ancora sempre più vicina ai
palazzi, talmente vicina che vede i tetti, conta le tegole e come può resistere
a quella finestra aperta? Entra la piccola nube e subito si accorge di essere
un po’ meno grigia e un po’ più bianca. È contenta, si rilassa, ma poi l’uomo
con i pennelli la vede e se ne innamora all’istante, chiude la finestra e
scivola sino alla soglia, da dove può fotografarla. Così la piccola nuvola
diventa un’opera d’arte e per me un pretesto per scrivere questa nuvolosa
Cronaca 622 di sabato 20 novembre del secondo anno senza Carnevale. Mentre scrivevo
mi sono venute in mente le nuvole in una stanza dell’artista olandese Berndnaut
Smilde e ho preso in prestito una delle sue immagini.
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