Salto o non salto? Non è che la prospettiva mi arrida poi molto. È inutile che tutti quanti continuino a dirmi che si tratta solo di fiducia, che è un momento, che non mi succederà niente di male. Ma io non mi fido. Già quando si è trattato di uscire la prima volta sono stata l’ultima, stavo così bene lì dov’ero. Ma poi mi hanno spinta fuori, non so bene chi. E mi sono ritrovata immersa in quella luce accecante che mi pizzicava dappertutto, un vero trauma all’inizio. Poi però mi sono abituata, era bello starsene lì al sole, a rigirarsi senza nient’altro da fare che essere me stessa, che vivere.
Salto o non salto? Non mi piacciono i
cambiamenti e so che una volta che il salto sarà fatto, mica mi faranno tornare
indietro, qui non ci potrò tornare mai più, tocca ad altri mi hanno detto, io
devo ricominciare il ciclo dall’inizio e, per farlo, devo saltare. Appunto,
salto o non salto?
La mia livrea ha di nuovo cambiato colore,
non so fino a quando resterà di questo bel giallo acceso, vedo le punte che già
cominciano a diventare più scure. Se resto quassù magari divento tutta marrone
che non è un colore che amo. Se salto resterò gialla ancora per un po’, prima
di svanire. Ma mica si svanisce davvero, l’albero racconta che sulla terra si
ridiventa terra e acqua, poi linfa o vapore e si sale, su, su nei rami o nelle
nuvole e poi si scende e si torna giù con la pioggia e la nostra essenza
riconosce sempre la strada di casa, sempre ritroviamo il nostro albero e il
nostro ramo, sempre ritorniamo.
L’indecisione
della caduta
Cado anche se non
vorrei, cado senza vento
e cado seguendo questo
vento che non mi porterà
al mare, ma poco lontano
dal mio ramo. Sono caduta
su un letto soffice di altre
foglie cadute prima di me.
Le riconosco, ci sorridiamo.
Cado perché questo è il mio
destino, essere foglia, polvere,
linfa e poi neve. Non importa
il colore, non la forma, perché
so che sempre il mio albero
mi riconoscerà.
Salto o non salto? Ho ascoltato tutte le
leggende, so che devo saltare, meglio farlo adesso che sono bella gialla e
ancora vigorosa. Salto, il vento mi sostiene, le nuvole sono sempre più
lontane, ma mi sorridono ancora. Ecco che arrivo e mi adagio accanto alle
foglie mie sorelle. Poi accade la cosa, quella imprevista, quella di cui ho
sentito parlare dalle rondini e dai rami più antichi. Arriva una bambina con la
cartella rossa, si china, inizia a scegliere. Nessuna di noi grida “Prendi me!
Prendi me!”, anzi, cerchiamo di nasconderci. Ma poi tocca a me, la bambina mi
sceglie, mi spolvera, sorride e apre la cartella che mi inghiotte. È buio, non
so dove mi sta portando e non riconosco subito il posto, quando mi estrae e mi
mette su uno strano albero orizzontale ricoperto di altre cose di quelle che
amano gli umani. Mi deposita sul piano, prende un grande quaderno dove riconosco
l’odore di altri alberi che ho conosciuto. So che si chiama quaderno perché dal
mio ramo lo vedevo questo aggeggio che loro chiamano tavolo, ma non sapevo che
una volta lui e il quaderno erano alberi. Ma allora si può continuare a essere
se stessi anche lontano dal nostro albero originario? Sì che si può mi dice il
tavolo, sììììì mi sibila il quaderno, presto lo capirai anche tu. La bambina mi
prende, mi gira e mi rigira, poi mi incolla su un foglio e scrive: “Foglia del
platano riccio, l’albero bellissimo che sta davanti alla mia finestra. Milano
19 novembre del 2021”.
La piccola foglia ancora non si capacita di come
farà a resistere chiusa in quel quaderno, anche se sente altre foglie che sono
state incollate prima di lei e anche molte e molte stagioni fa.
Non so come finirà questa storia, intanto il
mio quaderno è pieno di foglie bellissime, ne conviene anche questa Cronaca 621
di venerdì 19 novembre del secondo anno senza Carnevale.
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