A un certo punto
ci si sveglia e si scopre che la maggior parte della vita non è più davanti a
noi ma dietro. Cambiano le prospettive sull’orizzonte, le luci del tramonto
sono sempre più vivide e vicine. La pandemia sta falcidiando le persone
anziane, quelli che sono intessuti più di memoria che di progetti. Mi sono resa
conto in questi mesi che rispetto alle due ali estreme della vita ci
accontentiamo di confrontarci con degli stereotipi, con figure immaginarie che
non corrispondono allo spirito con cui le generazioni diverse dalla nostra di
adulti più che maturi, affrontano giorno dopo giorno la vita intorno e dentro
di sé.
Mi sono resa conto che la maggior parte delle persone ha ricordi molto vaghi della propria infanzia e anche adolescenza. Mi sono resa conto che, come molti poeti e narratori, ho una memoria formidabile per il passato che per me è sempre stato molto più interessante del futuro. Quasi come io avessi avuto un’epoca d’oro cui tornare con la mente per consolarmi dal presente. Ma non è così, ho avuto una vita come tutte le vite della mia generazione, con alti e bassi, dolori e gioie, di sicuro segnata dalla mia passione per i libri e per la scrittura.
Proprio oggi pomeriggio mi sono concessa di perdonare la mia gioventù trascorsa con il naso nei libri, senza mai essere andata in discoteca se non cinque volte in tutta la mia vita. Un’adolescenza breve perché ho iniziato a lavorare da ragazzina, un grande senso di responsabilità venuto meno dopo i trent’anni, l’età in cui davvero sono stata adolescente, dovevo pur sperimentare cose mai fatte prima. Ora so cosa significa avere avuto una vita come la mia, un’infanzia come la mia, così piena di misteri e di storie, di ombre sulle pareti che prendevano vita, di immaginazioni più vive di qualunque episodio del mondo reale. Mi chiedo come sarei stata da bambina se fossi stata costretta a non poter andare a scuola, a non vedere le amichette. L’errore che facciamo spesso noi adulti è di proiettare noi stessi sui bambini e sui giovani che frequentiamo e di pensare che con i nostri consigli li aiuteremo a non ripetere i nostri errori, che li aiuteremo a essere felici. Ma i nostri racconti sono inefficaci perché ciascuno di noi nel corso della vita dovrebbe poter sperimentare, cadere e rialzarsi sapendo che una mano amica potrebbe aiutarci, ma anche facendoci forza da soli e continuando a camminare e correre nonostante le cadute.
Se il tempo è una freccia la cui direzione va da sinistra verso destra come la nostra scrittura, così comunque lo immagino io, mentre i bambini vivono ogni tempo nel loro infinito presente che già abita il futuro, le persone anziane hanno afferrato la freccia del tempo e la tengono ben salda. Abbiamo più paura di invecchiare noi che stiamo iniziando a farlo che non le persone che già sono anziane e sanno vivere il presente con una intensità che da giovani non conosciamo.
Quindi mia gioventù perduta, sei stata una pesca matura cresciuta su un ciliegio, fuori posto sempre, curiosa e mai appagata. Ora è il tempo dei melograni e delle castagne, del vino nuovo in tavola, delle prime arance e del fuoco sempre acceso nel focolare. Imparerò a tenere salda quella freccia, respirerò l’aria nebbiosa della mia città terrorizzata, cercherò consolazione e cercherò di consolare. Ascolterò i bambini e gli anziani, racconterò molte storie e molte storie mi verranno raccontate, anche oggi in questo sabato 14 novembre dell’anno senza Carnevale dove il tempo ci attraversa e il profumo del fuoco e della legna è più forte di ogni nostalgia.
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