Il silenzio è il primo elemento di questa giornata particolare, qui nella capitale del Nord, chi poteva, in molti, è partito per raggiungere la seconda o terza casa. Il mio quartiere, un quartiere di quelli che un tempo si definivano benestanti, è vuoto. Ma quando sono uscita oggi pomeriggio a fare la spesa, sono stata quasi travolta da una scena di Truffaut diventata reale.
Due ragazzi e una ragazza correvano lungo il marciapiede, ridevano, lei portava un cappello ed era bella quanto Jeanne Moreau nel film. Alla fine della corsa, davanti alla biblioteca del quartiere, sono scoppiati a ridere e si sono abbracciati.
Mi piace quando l’arte irrompe nella realtà e la colora. Così, oltre alle immagini del film, a quelle del romanzo, ora ho anche un ricordo che triplica il piacere di quella storia lontana nel tempo ma sempre affascinante.
Ho scoperto lo scrittore Henri-Pierre Roché grazie al film di Truffaut che ho amato, e amo tutt’ora, da quando andavo ogni sera alla Cineteca Italiana di Via San Marco e poi tornavo a casa nella nebbia invernale, spesso con l’ultimo autobus di linea.
Provo a cercare ancora, in questo pomeriggio silenzioso e reale, un’altra scena tratta da un film o da un romanzo. Così vado in libreria, l’ultima aperta nel quartiere è una Mondadori, e scovo un uomo e una donna che stanno sfogliando gli stessi libri di case e arredamento, come accadeva nel film newyorchese Innamorarsi, quando due sconosciuti scambiano per sbaglio i loro libri impacchettati e finiscono per, appunto, innamorarsi. To fall in love dicono gli americani, tomber amoureux i francesi. Due forme verbali molto più evocative di quella italiana, dove il brusco cambio di posizione, annuncia l’inizio di una vita nuova.
La Francia è molto presente nella mia vita quotidiana, leggo moltissimo in francese, e in questi giorni sto leggendo il primo dei tre libri che ho comprato qualche giorno fa e che fa parte del terzetto la cui presentazione ho continuato a rimandare.
Le inseparabili è un romanzo inedito di Simone de Beauvoir, seduta da sempre negli scranni più alti del mio Olimpo degli Scrittori, tradotta magnificamente dalla raffinata Isabella Mattazzi. È la storia di un’amicizia folle quanto un amore, come solo le amicizie infantili e adolescenziali possono esserlo. Elisabeth Lacoin, chiamata Zaza, è il doppio di Simone de Beauvoir, l’anima gemella, la stessa intelligenza incadescente, la stessa fame di vivere e di conoscere, le accomunava, benché il sentimento fosse più forte in Simone che in Zaza.
Zaza che
non riesce, però, a rompere il legame con la famiglia d’origine, a tradire la
madre, soprattutto, e arrivare così a emanciparsi, come riuscì, invece, a fare
Simone.
Storie di ragazze del secolo scorso che ci aiutano comunque a vivere il presente a interrogarci, a fornire modelli positivi per le giovani ragazze, modelli fuori dai social, dalle influncer, dalla televisione.
Niente tornerà mai più come prima, ma il futuro non è un libro già scritto che dobbiamo solo sfogliare, il futuro è una piega del tempo che possiamo modellare anche solo leggendo, facendo leggere e regalando un romanzo che appartiene al tempo del mai più.
Un’ultima cosa che non vi ho ancora raccontato è che, nella mia passeggiata pomeridiana, ho incrociato due bambine con occhi grandi e vivaci che camminavano tenendosi per mano. In loro ho visto Simone e Zaza e sono tornata a leggere con cuore allegro, nonostante la storia della loro amicizia finisca in maniera tragica.
La Cronaca 244 è spolverata di zucchero e profuma di castagne arrosto e tè al bergamotto. Oggi è sabato 7 novembre dell’anno senza Carnevale, gli Stati Uniti hanno un nuovo Presidente, così pare, e io me ne rallegro.
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