Vorrei passeggiare
a caso e altrettanto a caso scrivere delle ore lente e dense di questo novembre.
Ho esaurito e ripetuto i percorsi intorno a casa e nel quartiere, riesco quasi a vedere i solchi dei miei passi sui marciapiedi.
Gli alberi sono quasi completamente spogli, il traffico moderato, frequente il passaggio delle ambulanze a sirene spiegate.
Anche oggi la vita che continua è rappresentata dai bambini che sono entrati a scuola alle 08:30 e usciti o alle 12:30 o, la maggior parte, alle 16:30.
A cosa consegneremo questi giorni? Chi sarà il custode della memoria che saprà prendersene cura? Chi saprà raccontare le lacrime sparse e quelle trattenute? Chi lo sgomento e il dolore? La paura e la speranza?
Con questa Cronache ostinate che vanno avanti da 248 giorni, cerco di lasciare una traccia per il tempo che verrà, cerco di alimentare al contempo la memoria e la speranza.
La mia poesia è nutrita anche da queste Cronache, da quello che leggo e ascolto, dai sogni e dalle informazioni.
Virtuale e reale si mescolano e confondono senza soluzione di continuità, l’eccesso di informazioni e di opinioni, spesso contrastanti tra loro, aumenta la confusione e il disagio. So che se non avessi scritto ogni giorno la mia Cronaca, avrei perso molto di quanto accaduto in questi mesi che segnano la cesura, come ho già scritto, tra il mondo di prima e quello di dopo.
Abbiamo scoperto la nostra vulnerabilità e la nostra fragilità. Abbiamo scoperto il nostro bisogno di gentilezza e di consolazione. Vorrei poter affermare che sentiamo profondamente in noi l’urgenza di un cambiamento, perché è nella nostra natura umana cambiare di continuo, sempre alla ricerca di un mondo migliore. Certo, la Storia ci mostra senza alcun dubbio che poco ci siamo riusciti e le generazioni attualmente vive sul pianeta, a prescindere dalla cultura cui appartengono, non sono né migliori, né più evolute, né più attente di quanto lo siano state quelle dei nostri antenati. Perché la Storia difficilmente è una buona maestra di vita, perché non ci sono narrazioni oggettive e assolute, ma sguardi e parole umani che cercano di tenere insieme quanto è accaduto e di trasmetterlo.
Anche le mie Cronache in un tempo futuro apparterranno alla Storia e io spero che serviranno a costruire l’enorme arazzo dell’eternità, dove il nostro tempo sarà solo uno dei molteplici fili.
Il fiume scorre ancora, le voci si lasciano cullare
Guardo dalla
finestra e vedo
il fiume
della stagione estiva
scorrere
ancora senza fiato.
Vedo le rondini
sfrecciare nel
cielo, anche
se so che sono
partite. Ascolto
le voci notturne
dei passanti
e questo mormorio
è una
ninna-nanna che mi
canto da
sola nella testa e
vibrano le
mie orecchie e voci
tornano a emergere
dalle
voci che da
sole non bastano
se non sarà
un coro a levarsi
compatto. Così
dormo notte
dopo notte e
al risveglio
sorrido,
anche se non ho
riconosciuto
le voci e non
ho visto i
volti delle persone
amate, che
non sono con me.
Oggi è mercoledì 11 novembre dell’anno senza Carnevale, questa Cronaca 248 e la sua inedita poesia, sono nate tra i flutti del mio fiume immaginario e del fiume che attraversa la terra ai piedi delle Montagne della Nebbia. Il fiume è ostinato quanto me e la mia immaginazione, spero che vi porti queste parole e il senso della speranza che le abbraccia, nonostante tutto.
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