In me il
silenzio ha una dimora sicura, lo proteggo e ne proteggo le immagini che ne
sono la narrazione e l’immaginazione.
In quest’anno funesto non è stato difficile immaginare il silenzio, lo abbiamo provato, mai come prima durante la nostra vita, durante il primo confinamento. Ora prosegue dalla sera tardi sino al mattino.
È un silenzio fatto di respiri che rimbombano nelle orecchie, accelerano o calmano il respiro, dipende solo da che lato della notte ci troviamo.
Il silenzio diurno è molto diverso da quello notturno, perché diverse sono le immagini che, in me, lo rappresentano.
Gli alberi spogli sono silenziosi, le foglie dopo che sono state raccolte sono figure del silenzio.
L’alba che
sorprende gli insonni e accompagna i primi lavoratori è silenziosa, così come è
silenziosa la brina che scontorna il buio dai rami e li fa brillare.
È silenzioso il mare che d’inverno risiede in una cartolina in bianco e nero, un fermo immagine, non il film evocato in una bella canzone di qualche decennio fa.
Anche l’autostrada è un’immagine del silenzio perché poche sono le auto che possono percorrerla.
Nel colmo della stagione fredda è il campo innevato che protegge il silenzio. I semi dormono nella dimora di terra e gelo e sognano i germogli che saranno.
Si dipana nel silenzio anche il fiume dalla superficie ghiacciata ed è silenzioso il cielo senza le rondini e gli storni.
Un silenzio da solo non basta, ogni silenzio ne chiama un altro speculare e insieme decorano le volte del Palazzo d’Inverno che tra non molto andremo a visitare.
Qui, oggi, nel palazzo d’Autunno ho richiamato tutte le immagini che ho potuto e ho scoperto che il silenzio vive soprattutto senza figure umane.
Perché noi parliamo e gridiamo e ridiamo e cantiamo. Il silenzio è una conquista che tiene a bada le nostre onde sonore. È uno spazio attraversato da un bagliore di stella che si riflette qui, sulla neve.
Le stelle, sì proprio le stelle, ci appaiono silenziose, ma solo perché siamo troppo lontani per udirle. Hanno voci implacabili le stelle ma riescono a mostrarci solo la loro luce.
Gli angeli, i tremendi angeli che vegliano questa povera nostra terra riescono a sentire il canto delle stelle e, di tanto in tanto, ce ne inviano qualche frammento.
È anche così, ma non solo così, che noi umani creiamo musica e poesia, è così che i pittori rubano frammenti di luce e la intrappolano sulla tela. È così che il poeta respira e trattiene per un attimo il fiato e poi lo lascia andare.
Il silenzio è una diversa qualità del respiro, è l’abito cangiante delle parole che ci emozionano, è la mano del Signore che per un attimo ci sfiora i capelli e ci fa addormentare.
Questa è la
Cronaca 267, nata dal silenzio di lunedì 30 novembre dell’anno senza Carnevale,
l’anno che si avvia alla sua ineludibile fine.