Il primo fuoco è arrivato da una stella fredda e remota che varcò i nostri cieli e cadde su un albero morto e secco. No, il primo fuoco è figlio del fulmine, mentre gli dèì combattevano invisibili agli occhi umani, nel pieno di una tempesta mai vista, un fulmine andò oltre il confine dell’Olimpo, che neanche si chiamava così al tempo, e cadde su un altipiano dove vivevano piccoli gruppi di cacciatori nomadi. Enorme fu il terrore, ma quando si avvicinarono, videro che alcuni piccoli animali, simili alla lepre, erano rimasti intrappolati dalle fiamme, l’aroma era buono, il sapore anche. Poi uno dei cacciatori si avvicinò a un fuoco che ancora non si era estinto, si provava una sensazione piacevole a stargli accanto, perché il freddo della sera che scendeva si allontanava e tornava solo quando il fuoco diventava brace.
O
forse fu padre sole a lanciare uno dei suoi raggi d’oro infuocato verso le
miserabili creature che brulicavano ai bordi delle foreste, e dormivano tra rami
e caverne e per vivere seguivano gli spostamenti degli animali di cui si
nutrivano.
Il
fuoco è calore, cibo cotto, illuminazione, passione, immaginazione, creatività, mania, vaticinio, nostalgia, casa,
focolare, distruzione, incendio, bruciò Roma per mano di Nerone, bruciarono
migliaia e migliaia di libri nei roghi nazisti, bruciarono streghe e maghi nei
roghi dell’Inquisizione. Il fuoco abita il cielo tanto quanto la terra e i suoi
anfratti più nascosti, il vento lo alimenta o lo spegne, così come possono fare
sia l’acqua che la terra. Forse per questo il fuoco gareggia in velocità con
l’aria per allontanarsi quando le cose si mettono male, forse.
So
che il fuoco è un grande conforto quando accendo la stufa, qui nella Casa delle
Parole, metto a bollire l’acqua per il tè, e le castagne a cuocere, solo per il
piacere di respirarne il profumo abbrustolito. Quando accendo il camino, allora
so che casa è proprio casa, che non ho più bisogno di camminare nel giardino,
in riva al mare o in direzione dell’altipiano. Prendo un libro da iniziare, la
tazza del tè e mi siedo nella poltrona preferita accanto al camino. Ora il
mondo esterno so che smetterà di esistere e solo nel libro il vento soffierà
attraverso le cime tempestose.
Il pensiero è un
airone che cerca di ritrovarsi in volo
Apro
le pagine a caso,
lo
faccio sempre quando
inizio
un libro nuovo, lo
faccio
anche se il libro
già
lo conosco, perché
so
che saranno le vecchie
letture
a guidare la mia
mano.
Senti come urla
il
vento tra gli alberi e
le
cime, proprio in fondo
all’altipiano?
Senti come
urla
proprio nelle pagine
di
questo libro? Mentre è
il
crepitio del fuoco a dire
la
stagione fredda che è
di
nuovo padrona delle
nostre
vite. Nella prima
ombra
della sera mi è
sembrato
di veder volare
un
airone, ma non sono
certa
che ne siano rimasti
ancora
nei nidi vicini al lago.
Forse
non era un airone,
ma
solo un vecchio pensiero
che
ha trovato la strada per
andare
a cercare un cuore
nuovo
dove posarsi e aspettare,
nel
vento e nel cielo scuro
di
questo domenica autunnale.
Ho
camminato a lungo, come faccio sempre quando sono nella terra ai piedi delle
Montagne della Nebbia. Ho camminato così tanto da non sentire più i piedi e le
mani e il fuoco è un conforto che vivifica e riunisce il corpo all’anima e non
ci sono molte altre scuse, solo l’autunno con i suoi fuochi e questa Cronaca
595, e la sua poesia, di questa domenica 24 ottobre del secondo anno senza
Carnevale.
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