mercoledì 13 ottobre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/584. Qui le pareti mute, là lo spazio, alto e azzurro cupo

 


Un giorno nuovo, una pausa tra due notti, un giorno sempre più breve perché l’autunno avanza e divora la luce. In cambio deposita sui rami i frutti della stagione di mezzo, melograni, cachi e castagne. È un prodigio che si rinnova ogni anno, la dolcezza di questa stagione che crediamo di conoscere e, invece, riesce sempre a stupirci. Ogni mattino entriamo nell’ora azzurra e lasciamo che il cielo invada il nostro sguardo e renda trasparente la pelle, ogni giorno contiamo le vene sulle mani e sugli avambracci, pronti a iniziare un giorno di lavoro che non sappiamo dove ci porterà. Così mi fermo oggi su questa poesia che mi è arrivata da un passato lontano.

 

Ora azzurra

 

I.

Entro nell’ora dell’azzurro cupo –

ecco l’andito, si salda la catena,

nella stanza c’è un rosso su una bocca,

un vaso, rose tarde – tu!

 

Entrambi lo sappiamo, le parole

che tante volte ad altri abbiamo offerto

sono fra noi un nulla e un fuori luogo:

questo è tutto ed è l’ultima mossa.

 

Il tacere si è spinto così avanti,

riempie la stanza, si mura in un pensiero,

l’ora – nulla sperato né sofferto –

col suo vaso di rose tarde – tu.

 

II.

La tua testa si sfuoca, si ritrae, s’imbianca,

sulla tua bocca intanto si raduna

tutta la brama, la porpora e il germoglio

dalla corrente che monta dai tuoi avi.

 

Sei così bianca, forse ora ti sfasci

per troppa neve, troppo essere fiore,

rose bianche di morte, lembo a lembo –

coralli solo i labbri, una ferita.

 

Sei così morbida, che porti con te il senso

di una felicità di rischi e naufragi

in un’ora d’azzurro, azzurro cupo

che quand’è andata non sai più se è stata.

 

III.

Io ti domando: tu appartieni a un altro,

cosa vieni da me con tarde rose?

Tu dici: i sogni vanno, le ore migrano,

e tutto che cos’è: lui, io, tu?

 

«Ciò che s’innalza vuole anche finire,

ciò che si prova – chi lo sa per certo?

Si salda la catena, qui le pareti mute,

là lo spazio, alto e azzurro cupo».

 


Oggi posso sostare in questa poesia, rimanere in queste parole, in questo paesaggio che appartiene a un’altra mente, a un altro sguardo. E non avere, così, bisogno, di scrivere altre parole mie.

Questa Cronaca 584 di mercoledì 13 ottobre del secondo anno senza Carnevale, e la sua poesia, appartengono a Gottfried Benn. La poesia Ora azzurra  è stata composta all’inizio del 1950 e tradotta da Anna Maria Carpi in Frammenti e distillazioni, Einaudi, 2004.

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