domenica 17 ottobre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/588. L’amore è affondare sguardo nello sguardo, sapere che non uscirò più dai tuoi occhi


 


 

Quando iniziamo a dare nomi al mondo? Quando mettiamo insieme un’immagine e un suono? Quando un’idea e una parola? Quando un ricordo e una frase? Quando abbiamo imparato tutti i nomi del mondo, abbiamo imparato a raccontare la storia della nostra vita.

Seduti in soffitta, sotto il tetto di travi e tegole, sentivamo le rondini andare e venire dal nido, sentivamo ogni suono, sentivamo i piccoli strillare per la fame e noi eravamo seduti stretti, per tenere la voce bassa, per non farci sentire dai grandi, per non far interrompere il nostro gioco segreto. Quando abbiamo imparato che i giochi replicano la verità del mondo?

Stare nella cucina autunnale o nel fienile non faceva molta differenza, il tavolo era ricoperto di mele rosse appena raccolte, nel tempo in cui le mele erano solo mele e il loro profumo sapeva di autunno e di promesse. Una volta sei entrato in cucina correndo mentre la nonna stava impastando una torta. Ti sei fermato dopo una lunga scivolata e l’hai abbracciata alla vita, lei ti ha risposto con un sorriso e uno sbuffo di farina sulla punta del naso. Io ti osservavo poco lontana, come ho fatto per tutta la nostra infanzia, cercando di attirare il tuo sguardo nel mio, perché sapevo che non ne saresti più uscito. E così fu, non quel giorno, ma non molto tempo dopo, stavamo scalando le colline dietro casa poco prima dell’imbrunire. Dal bordo delle nostro parole guardavamo il mondo intorno e fu allora che pronunciai il tuo nome a voce alta. Tornasti indietro e fu allora che furono i miei occhi a cadere nei tuoi e fui io a non trovare più l’uscita dal labirinto. Abbiamo continuato a crescere insieme, a correre e giocare insieme, nessuno ci ha controllato, sino all’estate in cui abbiamo smesso di essere bambini e loro, i grandi, hanno temuto che qualcosa tra noi potesse accadere. Non potevano immaginare che era già accaduto, che nella soffitta, a ridosso dei nidi delle rondini ti avevo dato il nostro primo bacio. Tu eri scappato, sapevi cosa significasse e gridasti che non volevi essere il mio innamorato. Non mi mossi, iniziai a contare, sapevo che saresti ritornato prima del numero mille. Così fu e tornasti da me con una spiga di grano non ancora maturo e un papavero. Il tuo dono nuziale, perché fu quello il momento in cui fummo gli sposi segreti della primavera. Avevamo capito di dover stare attenti, nessuno doveva svelare il nostro segreto. Non perché fossimo solo dei bambini ci avrebbero tenuti lontani, ma perché la forza dell’amore che scorre nelle vene della gioventù è l’unica forza in grado di sovvertire il mondo e l’ordine costituito. I nostri destini erano già stati disegnati dalla famiglia, tu saresti diventato medico come tuo padre, gli zii e i nonni. Io mi sarei sposata con qualcuno che non avevo conosciuto da bambino e sarei andata a vivere in un altro paese, dall’altro lato delle colline e avrei cresciuto figli che non avrebbero avuto i tuoi occhi di verde e d’oro. Ci siamo baciati in ogni angolo della tenuta, dietro ogni quercia, in ogni fienile. Non ci parlavamo quasi più davanti alla famiglia, nessuna immaginava che eravamo pronti a sbocciare come i papaveri nel grano maturo, che il tempo dovuto era in arrivo.

 

 

 

Con la prima fiamma degli autunni

 

Accogliere l’amore è soprattutto

un esercizio dello sguardo, non

bisogna avere fretta, il sangue

conosce già la risposta e grida

alle rose di avere pazienza, tanta

pazienza quanto quella che abbiamo

avuto noi, quando eravamo due

e due dovevamo restare. Ma non era

possibile restare divisi, abbiamo

scommesso, abbiamo perduto,

ma siamo rimasti con il grano e

i papaveri, nel campo dopo

il giardino e dopo l’estate, pronti

al ritorno con la prima fiamma

degli autunni e della stagione fredda.

 

 

Anche oggi non sono andata a cercare storie nuove, mi sono fermata sul limitare del mattino e ho aspettato che le storie si presentassero, in fila come brave formichine, ognuna con un seme diverso tra le zampe, per questa domenica 17 ottobre del secondo anno senza Carnevale e la sua Cronaca 588, che profuma di mele e legna che brucia. Anche la poesia è inedita, scritta per questa Cronaca.

1 commento:

BARBOT ha detto...

La passion qui traverse les âges terrestres de ces deux amants par-delà les courses solaires de leur vie , a inspiré ces lignes belles comme ces pommes mûries au Jardin d'Eden. Lorsque les yeux de l'AUTRE sont un aimant dont la magie fait s'éloigner, vaincu, le Temps d'ici-bas, rien ne servirait de lutter contre le cours du Temps, car il s'est évanoui dans la rosée de lumière de leur Eternité.