lunedì 18 ottobre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/589. Scivolare tra le pieghe del giorno e separare ogni ombra dall’ombra


 

C’era un bosco spontaneo vicino alla casa, un bosco cresciuto sulle macerie lasciate dalla guerra. Si poteva andare a passeggio, inoltrarsi nel fitto degli alberi e tutta la città intorno smetteva di esistere. Solo i fantasmi respiravano tra i cespugli e le fronde basse, in quella luce verde che chiamava altra luce, mentre le ombre si ritiravano in buon ordine negli angoli più lontani. Non lontano dal bosco c’era una casa risparmiata dai bombardamenti che era stata finita poco prima dello scoppio della guerra e lì era rimasta per decenni. Sembrava sbarrata dall’esterno ma era possibile scivolare in una finestrella della cantina e poi risalire fino al piano terra e poi su, due piani e la soffitta. Anche da lì era possibile arrampicarsi sul tetto e guardare la vecchia scuola e il bosco e intorno quel che era rimasto della grande fabbrica, qualche finestra con le inferriate senza più vetri, l’ingresso delle maestranze e poi dove c’erano gli immensi telai solo il bosco, i cespugli, gli uccelli di passo, le ombre e i fantasmi silenziosi. Delle maestose ciminiere non era rimasto che il fumo, vago e disperso, che ancora aleggiava nel cielo della città. In un’altra via, ancora poco distante, c’era la casa misteriosa dove i fantasmi abitavano all’insaputa dei vivi, nessuno ci faceva caso, nessuno cercava di entrare, perché i fantasmi hanno questa qualità speciale di non attirare l’attenzione, di scivolare tra le pieghe del giorno e solo quando ci passano molto vicino, sentiamo un brivido lungo la schiena perché assorbono tutto il calore intorno e anche il nostro, solo così possono continuare a esistere in questa realtà che amano così tanto da non volerla lasciare. Nel palazzo della grande fabbrica delle macchine da cucire ci sono appartamenti ora, i fantasmi hanno traslocato perché quando possono evitano di vivere troppo a contatto con i viventi. Amano nascondersi all’aperto i fantasmi, anche se noi preferiamo immaginarli chiusi a infestare le case. Ma loro hanno soprattutto nostalgia del sole e del vento, del cielo azzurro, per questo non se ne sono andati.

 

 

Solo un alito del tempo ci separa da loro

 

Il gesto è sempre lo stesso:

chinare il collo all’indietro,

cercare il sole a occhi chiusi,

a occhi chiusi guardare intorno,

scoprire solo con i sensi invisibili

come si vive in tempi diversi,

e fare sempre la stessa domanda,

sempre chiedere: mi ami? Mi ami

ancora? Ma noi sentiamo solo

un respiro, un refolo freddo di

vento, un alito del tempo che

ci tiene distanti e invisibili gli

uni agli altri, l’unica difesa per

non impazzire, ebbri di luce.

 

 

 

Ci sono giorni come questo, quando il passato respira nel presente e chiama nella luce coloro che sono stati. Io li sento respirare, li racconto nelle mie storie, li vedo, cerco di custodire il loro segreto. Non so se sempre ci riesco, non so per quanto tempo ancora potrò fingere che non ci siano creature che entrano ed escono da tutte le case, le finestre e i portoni.

Questa Cronaca 589 di lunedì 18 ottobre del secondo anno senza Carnevale, parla a bassa voce, respira nel verde del bosco sparito, riconosce le ombre e le separa dai fantasmi di quelli che sono stati, di quelli che saremo.

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