sabato 9 ottobre 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/580. Paesaggio d’infanzia: effetti sulla mente del poeta

 

 


 

Ritornare a camminare nei nostri passi bambini, costeggiare il Naviglio Grande e arrivare alla Darsena. Non ci sono più né le lavandaie né i barconi che trasportavano la sabbia. L’ansa finale verso via Gorizia, che dava un’aria così parigina, ha cambiato forma, sembra rimpicciolita. L’Edicola Radetzky l’hanno pitturato di un blu China elettrico, uno scempio per lo sguardo, ricordo i giornali, ma più ancora dei giornali credo di ricordare che negli anni Sessanta ci vendessero anche sigari e sigarette, ricordo di esserci andata con mio nonno materno. Ma forse è un falso ricordo, o un ricordo di qualcun altro. Ricordo la lavanderia proprio sull’angolo dell’Alzaia, dove ho rischiato di morire soffocata perché ho iniziato a saltellare per gioco, non appena messa in bocca una di quelle caramelle tonde di zucchero che mi aveva offerto la tintora, fu lei ad acchiapparmi e a scuotermi sino a che non sputai fuori quell’innocuo dolcetto. Accanto c’era un negozio di mobili e andando giù verso il Vicolo dei Lavandai, c’erano rigattieri, un fabbro, il prestiné dove ora c’è il Libraccio e un pizzicagnolo-salumiere con la vasca della salamoia dove ora c’è un altro Libraccio. E la latteria del signor Mario giù dal mio ponte – ora intitolato alla poetessa Alda Merini – il macellaio all’angolo di Via Magolfa e dall’altro lato del marciapiede il fruttivendolo. Passi bambini sono stati ricoperti da passi adolescenti e poi giovanili. So che è un privilegio ritrovare il proprio paesaggio d’infanzia quasi intatto, i palazzi ci sono ancora tutti, certo ora belli e ristrutturati, un tempo scrostati e ultra-popolari. Al mio guardare mancano più di tutto i rigattieri e quegli oggetti che risalivano a prima della guerra, piatti e posate scompagnati, vecchie borsette, scarpe e vestiti anni Trenta e Quaranta.

Questa mattina ho passeggiato su e giù per i Navigli, in piazza XXIV maggio, corso San Gottardo, mi sono fermata a contemplare Porta Cica, la grande quercia rossa che domina la piazza, gigante ferito e immortale. E poi corso di Porta Ticinese, piazza Sant’Eustorgio e il mercatino del sabato mattina, via Scaldasole e la bella libreria antiquaria Alfea, l’odore impagabile dei libri, un’edizione settecentesca di Montaigne e una degli anni Quaranta dei racconti di Virginia Woolf. Non ci sono ricordi, memorie, luoghi d’infanzia senza libri, senza le loro storie, senza la sapienza che racchiudono e la compagnia, i viaggi in altri mondi, la gioia di essere qui e altrove nello stesso momento.

 

 

 

Effetti del paesaggio d’infanzia sulla mente del poeta

 

Basta una piccola ombra

a riportare sul selciato

quelle che erano le ombre

grandi della mia famiglia,

i nonni e gli zii, i genitori

tutti in posa sulla scalinata

della chiesa di Santa Maria

delle Grazie al Naviglio. Dove

sono i vostri sorrisi, dov’è

la bella sposa? Sono tutti

nell’acqua del tempo e

scorrono, ritornano solo

quando li chiamo per nome,

io che non esistevo ancora

in quella foto, io, la testimone.

 

 

È stata una giornata così bella, gioiosa, è uscito il sole, mi ha riportato altre storie autunnali, ma il presente era già qui e il futuro pure in questo sabato 9 ottobre del secondo anno senza Carnevale e la sua Cronaca milanese 580 che finge di essere una lavandaia, giusto per poter mettere i piedi nell’acqua.

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