È domenica mattina, una mattina che immagino sarà interessante, visto che continuerò il laboratorio con Fiammetta. Mille e mille informazioni mi arrivano da tutti i media che vado a consultare, non riesco a farne a meno, l’angoscia sale insieme al senso di impotenza. Ma il tempo passa e vorrei che il mondo tornasse indietro, alla settimana scorsa, quando avevamo “solo” la pandemia da affrontare. Intanto che cerco uno spunto non guerresco per scrivere la Cronaca 721 di domenica 27 febbraio del terzo senza Carnevale e con la guerra, ritrovo questa poesia, una poesia che profuma di quiete e di serenità e tanto mi basta per oggi.
Mattina
di febbraio
Dinnanzi al foglio bianco, è un po’ che
aspetto
le parole. Che però non arrivano.
Non ottengo che, docili, si posino
sul quaderno e che dicano quel che ora
tento di dire: che questa mattina
il sole di febbraio gioca sopra
i tetti del quartiere, che in un cielo
così azzurro ci sono solo due
o tre nuvole bianche,
che suona mezzogiorno all'orologio
della parrocchia e allegro
un passero si posa all'improvviso
sulla ringhiera del balcone:
batte
le ali, saltella, col becco si liscia
le piume, guarda, inquieto,
di qua, di là, e, d’un tratto,
gaio riprende il volo nella luce del giorno.
Ecco la luce del giorno sta svanendo, arriva
una nuova notte, per alcuni sarà l’ultima notte, alcuni di quelli che stanno
cercando di sfuggire alla guerra e non ci riusciranno.
La poesia è di Eloy Sánchez Rosillo, tratta da
Las cosas como fueron, traduzione di
Francesco Dalessandro, Tusquets, 2004
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