Il paese dell’infanzia è un luogo fatto di luoghi, di
profumi, di sapori. È un luogo di immagini, di sole, un luogo dove i genitori
sono eternamente giovani, ci sono ancora i nonni e noi siamo solo bambini che
corrono dentro e fuori dall’acqua in una giornata calda di agosto. Ma il paese
dell’infanzia è anche un luogo di nebbia bassa, di cielo bianco, di un inverno
infinito segnato dalle sirene delle fabbriche, dai giorni di scuola a guardare
fuori dalla finestra e a vedere solo le cime degli alberi spogli e la pioggia
che cade e cade.
Il paese dell’infanzia è un luogo nel cuore e nella
memoria che coincidono in noi, anche se non tutti hanno questo desiderio di
ritornare, forse perché non tutti hanno un tempo mitico dove le radici hanno
fatto presa nella realtà e nel mondo e hanno dato all’albero dell’immaginazione
il modo per crescere e potersi ripiegare su se stesso e nutrirsi della linfa
della nostalgia e agitarsi al vento della memoria.
Dove affondano le
radici del tempo
È un albero che ha radici
nel tempo, un albero fatto
di immagini, un albero dove
i sogni stanno appesi come
frutti maturi. Possiamo
sentire le radici, possiamo
immaginare il mondo
sotterraneo che le nutre.
Così come sentiamo che
soffia il vento del tempo
presente e che
ogni
istante scivola dalla corteccia
giù sino al terreno e cerca
dove fermarsi, cerca un modo
per tornare nel visibile se
la memoria ci avrà fatto
la grazia, se continueremo
a sentire il mondo con la gioia
dell’essere bambini.
Sto ferma sotto all’albero, sento le radici, le vedo affiorare, la linfa scorre veloce da loro al tronco, ai rami ancora spogli, alle gemme che iniziano a spingere. Oggi è giovedì 17 febbraio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 711 se ne sta meditabonda quanto me ad accarezzare il muschio sul tronco dell’albero.
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