Amo il vento, quello reale, quello cantato dai poeti,
quello atteso quando si è in mare aperto. Ieri è stata una giornata di vento
inatteso e inusuale qui a Milano, un vento cattivo che ha ferito persone,
abbattuto alberi, cornicioni, danneggiato staccionate, muri e tetti. Per fortuna
non dovevo uscire e non l’ho fatto, ma ho visto anche sui poveri alberi nella
mia strada, l’effetto ventoso di questo evento anomalo. Una volta il vento a
Milano era talmente raro da essere una festa, ne ho scritto talmente tante
volte, sia nei romanzi che nelle poesie, soprattutto nelle poesie, dove il
vento è spesso uno dei protagonisti dei miei versi e che ho anche usato nel
titolo del mio quarto libro Scrivere il
vento, per l’appunto. Quando c’è il vento qui nella città mai più silenziosa
la prima poesia che mi viene sempre in mente è questa di Attilio Bertolucci
tratta dalla raccolta Sirio del 1929:
Vento
Come un lupo è il vento
che cala dai monti al piano,
corica nei campi il grano
ovunque passa è sgomento.
Fischia nei mattini chiari
illuminando case e orizzonti,
sconvolge l’acqua nelle fonti
caccia gli uomini ai ripari.
Poi, stanco s’addormenta e uno stupore
prende le cose, come dopo l’amore.
Quando il vento smette di soffiare è proprio lo stupore che resta e il silenzio, un silenzio diverso dal silenzio precedente. Mi viene in mente una giornata ventosa e letteraria del settembre della terza media, quando avevo letto su una rivista femminile un racconto che si intitolava (forse) “Stasera scrivo una lettera a Mauro” e la protagonista femminile si chiamava Elena. Mi ero così emozionata, come se fosse un segno del destino, perché Mauro era il ragazzo per cui avevo una cotta, come qualche altra decine di ragazzine, perché lui piaceva a tutte, aveva i capelli biondi lunghi e suonava la chitarra. Tra le altre fan c’era una cattivissima compagna di classe, tale Antonella che con la sua sodale Laura (mi ricordo i cognomi di tutti, ma non sarebbe gentile scriverli), si appropriò del mio diario da me sbadatamente lasciato sotto il banco durante l’ora di ginnastica. Quando tornai in classe mi accorsi subito che il diario era stato spostato ma non mi aspettavo certo di trovare le pagine strappate. Credo di avere litigato con le due compagne di classe, quel racconto non riuscii mai più a recuperarlo e rileggerlo, ma quell’aura della giornata di settembre ventosa e amorosa è rimasto in me, intatta, come se davvero io avessi vissuto nel racconto. Non so che fine abbiano fatto gli altri protagonisti di questa breve storia, certo Antonella resterà la ladra di racconti e Laura l’aiutante stupida. E che dire di lui? Posso dire solo che era bello e che suonava bene la chitarra. Chiudo così questa giornata senza più vento, dove i ricordi tornano a posarsi come polvere e foglie secche nella città della memoria.
Oggi è martedì 8 febbraio del terzo anno senza Carnevale e questa Cronaca 702 ancora corre nel vento.
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