Cos’è una città? Si chiese la nuvola piccolina che svolazzava su e giù in un cielo cristallino, portata da un vento dispettoso che continuava a farle il solletico. La nuvola grandicella sapeva già la risposta e si avvicinò alla piccolina per darle qualche spiegazione.
“Una città è dove vivono, lavorano, dormono e mangiano
gli umani. Noi le città possiamo vederle dolo dall’alto. Perché se le vediamo
troppo da vicino vuol dire che non siamo più nuvola ma pioggia”. La spiegazione
era molto interessante, ma la nuvoletta stentava a credere di non poter essere
più la stessa nuvola se si fosse avvicinata troppo. Così approfittò di ogni
singola zaffata di vento per avvicinarsi sempre più verso la terra e verso le
case. Quel che vide le piaceva moltissimo, era proprio curiosa quella
nuvoletta. Ma proprio mentre era pronta a lasciarsi andare al tuffo finale,
ecco che sbaf! E il vento l’aveva riportato nel gregge delle sorelle, tutte
molte, molto più grandi e maestose di quanto non lo fosse lei. Si rassegnò,
nuvoletta, pensando che alla prima occasione ci avrebbe riprovato, ma poi
guardò il sole e capì che l’attraeva tanto quanto la città degli uomini. “Ma il
sole è forse la città delle nuvole?” chiese la nuvolina a una nuvola più grande
che stava sonnecchiando proprio in coda alla carovana. “Macché cosa dici
nuvolina sciagurata! Mai ti devi avvicinare al sole perché se ti lasci
trasportare da una corrente ascensionale gli arriverai talmente vicino che
evaporerai in mille e mille goccioline di vapore acqueo e poi più nulla. Nessuno
sa cosa accada dopo, nessuno riesce a vedere se in quel vapore c’è ancora
traccia della nuvola originaria”. Nuvoletta rinunciò così alla salita verso il
sole che non le sembrava poi così interessante. Ma non riusciva a smettere di
pensare a quanto le sarebbe piaciuto andare a capofitto verso la città. Fu un
momento e riuscì a cavalcare un refolo di vento discendente che la portò giù,
giù, sempre più giù a una velocità sorprendente. All’inizio sentì solo un
brivido, poi punture, poi scosse elettriche, conosceva quelle sensazioni perché
una nuvolona scura e arcigna gliene aveva parlato qualche giorno prima – e badate
che un giorno di una nuvola non è come il nostro giorno, il giorno di una
nuvola dura tanto quanto un nostro anno. Si lasciò andare nubilotta e all’ennesimo
scossone sentì che si stava moltiplicando che ogni sua molecola si stava
rimescolando e diventava acqua, acqua piovana. Era questo allora diventare
pioggia? Era questa la sensazione? Ma era bellissimo! Ogni goccia era uno
sguardo, una carezza, un salto. Nuvolina toccò terra, toccò i tetti e le cime
degli alberi. Toccò anche molte teste di umani, i bambini ridevano, le signore
un po’ meno, soprattutto se erano state dal parrucchiere. Era felice anche la
terra di sentire quel solletico, era felice l’ombrello rosso e il bambino che
lo impugnava saltò a piedi uniti in una pozzanghera che nuvolina aveva creato
all’improvviso. Fu in quel momento che capì la nuvoletta, capì che essere
nuvola è solo una possibilità, ma per conoscere il mondo bisognava avere il
coraggio di diventare pioggia.
Oggi è venerdì 18 febbraio dell’anno con un quasi
Carnevale e questa Cronaca 712 è diventata pioggia insieme alla nuvolina.
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