"Questa non è casa tua, spostati, mi dai fastidio”. Questa mattina mi sono svegliata con queste parole in testa e negli occhi le prime immagini dell’invasione dell’Ucraina. Prima ancora di essere ben sveglia mi sono ritrovata a pensare alle immagini che i media stanno pubblicando e che questa invasione sarebbe stata il Vietnam della Russia. Come tanta gente nel nostro mondo, non ho competenze politologiche, leggo e ascolto molto, mi dispero. Ho cercato di mantenere un po’ di distanza, ma non è facile, come fare a non disperarsi? Così adesso, dopo due anni di pandemia, ci ritroviamo di fronte a un’invasione che potrebbe essere il prologo della terza guerra mondiale, una guerra che forse è già iniziata e ancora non lo abbiamo capito. Più che continuare a guardare telegiornali e leggere reportage, mi sono rifugiata nei libri e sono tornata a immergermi nei 19 incontri di Paolo Di Paolo con altrettanti scrittori.
«Contatti magici»
Amava
stanare gli scrittori, il giovane Frederic Prokosch, scrittore a sua volta. Li
cercava come si cercano i libri e i dolci. O i padri.
«Potrei
parlare con la signora Woolf?».
«Temo
che la signora Woolf sia occupata».
Ha
poco più che vent’anni, l’americano Prokosch, un fascio di fogli sotto il
braccio e molta emozione addosso, quando si affaccia sulla soglia della
londinese «Hogarth Press» per incontrare la grande scrittrice. «Era seduta
dietro una cascata di bozze e teneva una matita dritta sullo scrittoio». Si
guardano. Frederic comincia a parlare delle sue poesie (ne ha portate con sé
alcune). «Sarò felice di leggerle, dal momento che sono soltanto trentatré...»,
sorride sarcastica Virginia.
«Oh,
signora Woolf», dissi affannosamente, «non è questa la ragione della mia
visita. Sono venuto perché...».
«Voleva
guardarmi in faccia, suppongo». All’improvviso il contatto magico era stato
stabilito. Il suo viso si delineò meglio, come
in
una pellicola sotto l’azione dell’acido.
«Esattamente»
dissi.
(…)
La
domanda da cui ogni volta sono partito, ha a che fare con i libri. E con i
luoghi. Nasce dalla volontà di capire che cosa lega, che cosa può legare pagine
di carta e inchiostro alla geografia fisica e sentimentale. Nella vita di ogni
lettore appassionato, ci sono singolari corrispondenze tra libri e paesaggi
attorno. Per questo, «la tentazione di accoppiare luoghi e letteratura – ha
scritto Giorgio Montefoschi – non ce la scrolliamo di dosso». Per questo, se
andiamo a San Pietroburgo, mettiamo in valigia un romanzo di Dostoevskij; e se
passeggiamo per le strade di Parigi, può tornarci sulle labbra un verso di
Baudelaire. Sarà che spesso le parole di un poeta si rivelano più utili di
quelle stampate sulle guide turistiche. Sarà che i libri ci tengono compagnia
(e in viaggio spesso siamo soli); ci aiutano a mettere a fuoco dettagli, a fare
scoperte, a ricordare. Ma anche, banalmente, a passare il tempo. Si racconta in
proposito di tale Sir Richard Morison che, partito da rive inglesi al la volta
della Germania, riuscì a leggere in viaggio tutto Erodoto, cinque tragedie e
tre orazioni di Isocrate e altre sette di Demostene, in lingua originale. Ma
era il 1550 e, per arrivare, impiegò ventisei settimane. In queste pagine si
racconta di romanzi che mettono addosso il desiderio di partire; di viaggi
fatti sulle tracce di scrittori amati; di strani cortocircuiti che si attivano
quando un libro sfiora il paesaggio dell’infanzia, o una terra lontanissima in
cui ci perdiamo, o ancora, semplicemente, la nostra poltrona in salotto. Per
ogni viaggio, quindi, ci sono stazioni di arrivo ma anche di partenza. Che,
messe l’una accanto all’altra, disegnano un itinerario tutto italiano: dal mare
di Genova a Orbetello, da Piacenza a Castellammare di Stabia, giù fino a
Vigàta, che forse non esiste, o forse sì. A spiegare quanto decisivo sia il
luogo da cui ci muoviamo, pensa Raffaele La Capria nelle ultime pagine:
«Viaggi, conosci paesi nuovi e diversi, per sapere qualcosa che già stava
scritto nel punto di partenza. Ma è al ritorno all’arrivo che lo scopri. Che
scopri quanto sia parte di te».
Ecco
finita la lunga citazione da Di Paolo, che ho copiato per poterla rileggere.
Resto
nei libri oggi, fino a quando non esco a cena con due amiche che sono state
anche colleghe. Si chiamano entrambe Paola, quindi sono le Paoline per
estensione, e compiono entrambe gli anni il giorno precedente il mio
compleanno, cioè il 28 giugno.
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