Tutto il giorno non ho fatto altro che pensare a quei poveri bambini che sono morti sotto i bombardamenti russi. La morte dei bambini, di tutti i bambini, è insopportabile. E più invecchio, più diventa difficile. Oggi ho perso le parole, io che ne scrivo centinaia ogni giorno. Vado a rileggere una poesia di Elsa Morante, una poesia che è una preghiera laica.
Addio
I
Dal luogo illune del tuo silenzio
mi riscuote ogni giorno l’urlo del mattino.
O notte celeste senza resurrezione
perdonami se torno ancora a queste voci.
Io premo l’orecchio sulla terra
a un’eco assurda dei battiti sepolti.
Dietro la belva in fuga irraggiungibile
mi butto sulla traccia del sangue.
Voglio salvarti dalla strage che ti ruba
e riportarti nel tuo lettuccio a dormire.
Ma tu vergognoso delle tue ferite
mascheri i cammini della tua tana.
Io fingo e rido in un ballo disperato
per distrarti dall’orrenda mestizia
ma i tuoi occhi scolorati di sotto le
palpebre
non ammiccano più ai miei trucchi d’amore.
Alla ricerca dei tuoi colori del tuo sorriso
io corro le città lungo una pista confusa.
Ogni ragazzo che passa è una morgana.
Io credo di riconoscerti, per un momento.
E mendicando rincorro lo sventolio di un
ciuffetto
o una maglietta rossa che scantona…
Ma tu rintanato nel tuo freddo nascondiglio
disprezzi la mia commedia miserabile.
Buffone inutile io deliro per le vie
dove ogni fiato vivente ti rinnega.
Poi, la sera, rovescio sulla soglia deserta
un carniere di piume insanguinate.
E chiedo una tenerezza al buio della stanza,
almeno una decadenza della memoria,
la senilità, l’equivoco del tempo volgare
che medica ogni dolore...
Ma la tua morte cresce ogni giorno.
E in questa piena che monta io cado e mi
riavvento
in corsa dirotta, per un segno,
un punto nella tua direzione.
O nido irraggiungibile e caro,
non c’è passo terrestre che mi porti a te.
Forse fuori dai giorni e dai luoghi?
La tua morte è una voce di sirena.
Forse attraverso una perdizione? o una
grazia?
o in quale veleno? in quale droga?
forse nella ragione? forse nel sonno?
La tua morte è una voce di sirena.
Voglia di un sonno che pare una tua dolcezza
ma è stata già l’impostura dove ti ho perso!
La tua morte è una voce di sirena
che vorrebbe sviarmi da te nelle sue fosse.
Forse, io devo accettare tutte le norme del
campo:
ogni degradazione, ogni pazienza.
Non posso scavalcare questa rete spinata
mentre al tuo grido innocente non c’è
risposta.
La tua morte è una luce accecante nella notte
è una risata oscena nel cielo del mattino.
Io sono condannata al tempo e ai luoghi
finché lo scandalo si consumi su di me.
Io devo, qui, trescare e patteggiare con la
belva
per rubarle il segreto del mio tesoro.
O pudore d’una infanzia uccisa,
perdonami questa indecenza di sopravvivere.
Oggi è lunedì 28 febbraio del primo anno di guerra e del terzo anno senza Carnevale, nessuno parla più di Covid, travolti come siamo dalle immagini della guerra in Ucraina. Ci sarà riposo sulla terra? Ci sarà mai una pace duratura? Mi chiede questa Cronaca 722 e io sfoglio i libri di poesie e non trovo risposte.