La prima stella della sera saluta il pastore che torna al suo capanno, le bestie docili che governa lo precedono, il cane lo aiuta a tenerle a bada, è tempo di chiudere il mondo fuori e di occuparsi del mondo dietro quelle mura di fango e paglia imbiancate a calce. La luce della lampada illumina la stanza insieme alla luce che proviene dal focolare, dove in una pentola bolle una zuppa di erbe e patate. Altre erbe sono appese alle travi e, insieme alla paglia nel sacco che fa da materasso, profumano l’aria di primavera, anche se sono erbe dell’anno passato. Intanto che la zuppa cuoce, il pastorello, perché di un bambino si tratta, apre il cassetto del tavolo ed estrae un quaderno e un lapis.
“Ho visto anche oggi la prima stella della sera, ne
conservo tante in queste pagine. Quando saranno abbastanza disegnerò la mia
costellazione e potrò guardarla anche di giorno se ne avrò voglia. La costellazione
che sta sopra il mio capanno è molto bella, ma la mia costellazione avrà molte
più stelle”.
Il giovane pastore chiude il quaderno, sono passate
almeno dieci estati da quando lo abbiamo incontrato la prima volta. Ora sta
aiutando il misterioso architetto che costruisce la sua casa infinita ai piedi
delle Montagne della Nebbia e ha idee molto precise su come disporre le stelle
della sua costellazione sul soffitto della grande stanza decorata con le stelle
binarie. Lasciamo il giovane pastore che si chiama Marius a lavorare insieme ad
Alexandre, il nostro misterioso architetto.
Il cammino tra la Casa delle Stelle e la Casa delle Parole
è piacevole, un po’ in discesa e attraversa parti del bosco che sono ancora
spoglie, ma che già portano i segni della primavera imminente su ogni ramo.
Quando entro in casa una visita inaspettata mi sorprende
e mi riempie di gioia. Roxanne è venuta a trovarmi. È impetuosa e sorridente. Non
ci mette molto ad arrivare al motivo principale della sua visita improvvisa. Nei
suoi numerosi bagagli spicca un bauletto di ciliegio intarsiato. Lo apre ed
estrae fasci e fasci di fogli. “Sto mettendo a posto i miei manoscritti, stavo
pensando di smettere di scrivere. Sono bloccata mia cara amica, continuo a
essere una grande lettrice, ma forse sbagliavo nel credere di essere una
scrittrice. Ti consegno tutte queste carte, fanne ciò che vuoi”. Le sue
affermazioni mi stupiscono, mai avrei pensato che un giorno l’avrei sentita
pronunciare simili parole. Allora la invito a sedersi accanto a me sul divano,
prendo un fascio di fogli tenuti insieme da una molletta di legno chiaro e
inizio a leggere.
“Cadeva la neve ed era quasi sera, le betulle
risplendevano nella luce fioca del giorno e accoglievano i fiocchi come fossero
stati piccoli gioielli. Brillavano anche alla luce delle lampade sulle slitte
le betulle, e io sapevo che tutta quella luce sarebbe rimasta nella loro
corteccia e che, con l’arrivo dell’estate, l’avrebbero restituita allo
splendore del mondo”.
Dal suo viso capii che, pur conoscendo quel brano
avendolo scritto, risentirlo le dava quel senso di estraniamento che prende gli
scrittori quando hanno lasciato andare le proprio parole a collocarsi proprio
dove dovevano andare. Mi sorrise: “Capisco dove vuoi arrivare. Dai, mangiamo e
poi ti racconto meglio”.
Così questa sera la Cronaca 353 è una storia delle
Montagne della Nebbia e le amicizie risplendono come quelle betulle che stanno
aspettando la primavera. Oggi è mercoledì 24 febbraio del secondo anno senza
Carnevale.
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