mercoledì 10 febbraio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/339: il duro tempo della semina risplende di primavera

 


Come impariamo a dare i nomi alle cose? Ascoltiamo, impariamo a parlare, poi impariamo l’alfabeto. Riconosciamo le singole lettere, le sillabe, poi le parole intere.

Il mondo di ciascuno è meno vasto del mondo intero, le parole che utilizziamo sono solo una minima parte di quelle che conosciamo e di quelle che compongono il nostro vocabolario.

Più vasto è il linguaggio più vasto sarà il mondo e più leggeremo e faremo nuove esperienze, più il vocabolario sarà ricco e la lingua guizzerà nell’incendio della nostra immaginazione.

La poesia è spesso l’innesco del nostro incendio interiore, di questo fuoco che non brucia e che riscalda la nostra anima errabonda.

 

Il duro tempo della semina

 

Per me stessa e per il nulla che

ci circonda, perché il nulla sia

capace di ascoltare la nostra voce

umana, perché il suo orecchio sia

un campo arato e le nostre parole

i semi che da quel nulla faranno

germinare ciò che ancora non è, ciò

che sempre resterà.

 

Per voi che camminate sotto un cielo

di stelle mute, per voi che combattete

il vento e date voce a queste nuvole

indecise tra la pioggia e la fuga, perché

gli elementi aprano le vostre mani e

facciano sì che nessun seme resti

attaccato e raggiunga il fecondo nulla

annunciato.

 

Per noi che conosciamo il tempo duro

della semina e in questo inverno di

poche parole, scaviamo la roccia a mani

nude e gridiamo alla luce che la luce

non basta, che i sensi si riposano meglio

dove riposa l’ombra, dove le parole

sciolgono il nodo e fioriscono.

 

Leggere prima e scrivere poi, coltivare questi due doni, coltivare questi due talenti non solo per se stessi, non solo in se stessi. Avere cura dell’altro, degli altri che vivono in noi, avere cura degli altri che sono altro da noi, che non sono noi.

Lasciare che le parole siano carezze, lasciare che le parole siano mani che asciugano le lacrime e credere nell’usignolo che canta sul melograno ogni notte e fa fiorire i suoi fiori rossi. Credere anche che l’usignolo ceda il canto all’allodola che annuncia la nuova alba. Intrecciare il nostro canto con i fiori rossi e poi con i rossi melograni. Accettare che ogni stagione è data e che non siamo noi a scegliere lo smalto azzurro del cielo primaverile e quello bianco del nostro cielo invernale.

Finisce una giornata dove il tema della cura dell’altro è stato centrale, una giornata dove ho immaginato il cielo, anziché guardarlo.

Oggi è mercoledì 10 febbraio del secondo anno senza Carnevale e questa Cronaca 339 va per il mondo con la poesia inedita Il duro tempo della semina che ho scritto questa sera.

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