venerdì 19 febbraio 2021

Cronache dagli anni senza Carnevale/348: gli occhi non riflettono le immagini, gli occhi sono le immagini

 


I misteri della geometria, la rappresentazione del mondo in forme nette e riconoscibili, mi hanno affascinata sin da bambina (e tornerò su questo tema). Ieri ne ho sentito parlare con ardore e passione dal mio amico pittore Roberto Plevano, che conosco da oltre vent’anni e con cui ho collaborato molte volte, scrivendo poesie e prose poetiche a partire dalle sue opere che continuano a riempirmi di meraviglia e di stupore. In questi ultimi due anni Roberto ha lavorato a una monumentale autobiografia che intreccia vita privata, vita pubblica e opere. Compiuti i 70 anni, Roberto ha deciso che doveva e voleva raccontare se stesso e la sua pittura. Il tempo, le delusioni e le sconfitte non hanno mai fatto venire meno la sua passione, perché la sua è un’arte necessaria che dal mondo arriva nei suoi occhi e ne esce trasfigurata. Le forme geometriche che tanto gli sono care, popolano i suoi quadri e ritornano a noi accompagnate dai paesaggi che lo hanno colpito nel corso degli anni. Dopo il periodo figurativo, che segna gli esordi della sua carriera, dove sono protagoniste la casa natale e le montagne di Chiavenna, sono i Navigli milanesi, colti nella loro dimensione metafisica, a segnare il suo percorso negli anni Settanta del secolo scorso. E poi arriva la libertà delle vele dispiegate nelle sue “Regate veliche”, un’armonia di forme e di colori che mi ha suscitato uno dei miei racconti giovanili che più amo, “La città di vetro”. Negli anni Ottanta sono state le rocce della Gallura e quel mare dove lui ha nuotato sin quasi a smarrirsi per poi ritornare a riva e dipingere. Una collaborazione significativa tra di noi arriva a fine anni Novanta, inizio degli anni Duemila, quando ho scritto una poesia per ciascuna delle sue “Donne allo specchio” e insieme al compianto Mario Galzigna, abbiamo presentato le sue opere e le mie poesie alla Libreria Bocca di Milano, in Galleria Vittorio Emanuele.


Anche i “Big Bang” hanno caratterizzato le sue creazioni degli anni Novanta, insieme agli “Alberi della vita”. Una fase successiva, quella del “Tempo e le tracce” gli suggerirà anche il titolo per l’autobiografia, mentre andavano crescendo le collaborazioni con jazzisti del calibro di Guido Manusardi, Gianluigi Trovesi e Gianni Coscia, con i quali anch’io partecipai a una serata fantastica in quel di Corsico. Nella sua vulcanica vitalità Roberto è stato anche direttore della rivista della Libreria Bocca e ha organizzato incontri con alcuni dei più importanti intellettuali italiani, tra cui Giulio Giorello. Il periodo delle “Crocefissioni” è stato un altro momento fecondo della nostra collaborazione, ma stare dietro all’evoluzione e alla ricerca di Roberto, al suo lavorare caparbiamente a prescindere dai riscontri della macchina economica e culturale che ruota intorno al mondo dell’arte, non è facile, bisogna avere buone gambe, risoluzione e fiato, proprio com’è lui. La “Route des serres” provenzale è una delle altre fasi della vita pittorica e personale di Roberto, un uomo in cui la bellezza del mondo e la gioia di vivere riverberano l’una nell’altra. “Anatomia del tempo, dello spazio e della materia” è un’altra delle fasi esplosive dell’opera di Plevano e poi, dato che il mondo lo permea, la pandemia ancora in corso non poteva non entrare nei suoi dipinti. Non sappiamo ancora quando il libro uscirà, ma speriamo molto presto. Roberto, per me, è il simbolo della resistenza umana e artistica, un uomo che ha molto vissuto, sofferto e amato, un artista che vive non solo in questo mondo, ma anche in quello che ha creato nei suoi quadri. Concordo con Danilo Bramati, grande amico e grande poeta, che così scrive in una poesia che fa parte della raccolta L’ultima promessa, di prossima pubblicazione nella collana Il passo di Efesto di Atì editore.

 

Sul margine

 

Sul margine del taccuino

trascrivo questo proverbio:

“Gli occhi non riflettono le immagini,

gli occhi sono le immagini”.

 

Per questo un artista e la sua opera sono un tutt’uno, per queste le forme e l’architettura dell’opera sono fondamentali, derivano dal nostro occhio e, a loro volta, lo plasmano, lo modellano.

Questa è la Cronaca 348 di venerdì 19 febbraio del secondo anno senza Carnevale ed è figlia di riflessioni, letture e sguardi che si perdono nel tempo, e che ascoltare Roberto ieri pomeriggio e leggere le poesie di Danilo questa mattina, hanno generato.

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