mercoledì 27 gennaio 2021

Cronache dall’anno senza Carnevale/325: è così che voglio scrivere, con altrettanto spazio intorno a poche parole



 

Oggi sto in silenzio e in compagnia del Diario di Etty Hillesum. Così questa Cronaca 325 del 27 gennaio del secondo anno senza Carnevale, è una tessitura di alcuni suoi frammenti e delle poesie che le ho dedicato negli anni trascorsi.

 

 

Esperienza amorosa con una primavera

per Etty Hillesum

 

Dio è la sorgente sepolta dalla

sabbia, non sarà facile arrivare

nel centro della polla e ammirare

l’acqua che sgorga pura e incontaminata.

Possiamo scavare solo a mani nude e

nudi nella polvere, scalzi i piedi.

Se non tieni la terra ben salda contro

l’intero corpo, non potrai inginocchiarti

a scavare. Allora l’ombra che siamo si

ridurrà e darà sollievo alle mani ferite che

dividono sasso da sasso, il sì dal no.

I ciottoli che feriscono le ginocchia

saranno il monito, il memento del

tempo a dire che possiamo vivere

o lasciarci vivere, dal tempo farci

molare e frantumare, o resistere.

Quando la sabbia sarà fresca e umida

nelle mani il vento visiterà la terra e

asciugherà il nostro sudore sotto

la sabbia antica, sotto i frantumi dei

giorni che siamo stati, ci saranno ancora

rocce a difendere la sorgente. Allora

potremo spostare ogni pietra a lato e

circondare lo scavo da noi compiuto e farne

un bacino dove l’acqua potrà sostare

prima di dissetare una gola riarsa, incapace

di parole e di farsi attrarre dal sole e seguirne

i raggi fondersi nella nuvola pensierosa

e ricadere nel mare, guizzante tocco

ai pesci che mai conosceranno la vita

dell’aria. E così poter amare la fresca

carezza della mano di Dio che ci

soccorre, dopo che noi lo avremo

aiutato.

E tenere nell’incavo del ricordo

l’acqua, la sabbia, la nuvola

l’impronta di quelle ginocchia

e la preghiera che non ascende

al cielo, ma nella materia oscura

canta una ripetizione e la nostra

nostalgia contornata dall’ombra di

Dio.

 

 

L’albero rosso-sangue di Etty

 

Ricordi il faggio rosso-sangue, quello

con cui avevi adolescente un rapporto

speciale? Io pure lo ricordo, ti vedo

prendere la bicicletta e andare per

mezz’ora veloce sino ai suoi rami.

L’incanto era la tua vista, le tue

parole oggi anche la mia nostalgia.

So come lo sapevi tu, che è possibile

avere, un’esperienza amorosa con

una primavera. Ricordi ancora?

 

Ora un brano dal diario della Hillesum.

 

"Oggi pomeriggio ho guardato alcune stampe giapponesi con Glassner*. Mi sono resa conto che è così che voglio scrivere: con altrettanto spazio intorno a poche parole. Troppe parole mi danno fastidio. Vorrei scrivere parole che siano organicamente inserite in un gran silenzio, e non parole che esistono soltanto per coprirlo e disperderlo: dovrebbero accentuarlo, piuttosto. Come in quell'illustrazione con il ramo fiorito nell'angolo in basso: poche, tenere pennellate - ma che resa dei minimi dettagli- e il grande spazio tutto intorno, non un vuoto ma uno spazio che si potrebbe piuttosto definire ricco d'anima. Io detesto gli accumuli di parole. In fondo, ce ne vogliono così poche per quelle quattro cose che veramente contano nella vita. Se mai scriverò - e chissà poi che cosa?-, mi piacerebbe dipingere poche parole su uno sfondo muto. E sarà più difficile rappresentare e dare un'anima a quella quiete e a quel silenzio che trovare le parole stesse, e la cosa più importante sarà stabilire il giusto rapporto tra le parole e il silenzio - il silenzio in cui succedono più cose che in tutte le parole affastellate insieme. E in ogni novella, o altro che sia, lo sfondo muto dovrà avere un suo colore e un suo contenuto, come capita appunto in quelle stampe giapponesi. Non sarà un silenzio vago e inafferrabile, ma avrà i suoi contorni, i suoi angoli la sua forma: e dunque le parole dovranno servire soltanto a dare al silenzio la sua forma e i suoi contorni, e ciascuna di loro sarà come una piccola pietra miliare, o come un piccolo rilievo, lungo strade piane e senza fine o ai margini di vaste pianure. E' buffo: potrei riempire dei volumi su come vorrei scrivere, ma può darsi benissimo che a parte le ricette non scriverò mai nulla. Però le stampe giapponesi mi hanno fatto capire a che cosa io aspiri, e mi piacerebbe camminare una volta attraverso paesaggi giapponesi, per capirlo ancor meglio. Del resto credo che un viaggio in oriente lo farò, in futuro - per trovare in quei luoghi, vissute ogni giorno, quelle cose in cui qui ci si sente soli, in dissonanza."

 

5 Giugno 1942 da Diario 1941-1943, Etty Hillesum, Adelphi

 

*Evariste Edgar Glassner era un musicista e organista tedesco. Avendo perso il proprio impiego come organista di chiesa a Berlino, (era un mezzo ebreo, secondo la classificazione nazista) era emigrato ad Amsterdam: qui conobbe Julius Spier, partecipando ai concerti organizzati dagli ebrei dopo la loro esclusione dalle sale pubbliche

 

Di seguito la poesia che è scaturita dalla lettura di questo brano.

 

Invocazione alla luce

per Etty Hillesum, da una sua annotazione

Ti accompagniamo nella tua

crescita, silenzioso Glassner

e dall’altro capo dei giorni

io tendo l’orecchio alle

tue note e bevo la luce di

quella estate mai respirata:

cedi all’oscuro impulso

e rendi ebbra l’anima

di questa invocazione

“fa che torni primavera

dammi ancora quelle

note e la sua voce

che le ha precedute”.

 

 

Le mie poesie sono tratte da Figure del silenzio, Atì Editore 2010

 

Ora Un frammento di Etty tradotto da Lorenzo Gobbi, Il bene quotidiano. Breviario dagli scritti. (1941-1942), Edizioni San Paolo 2014

 

Prima, quando stavo seduta alla mia scrivania, mi sentivo sempre molto in ansia, come se stessi perdendo qualcosa della vita. Così, non sapevo concentrarmi bene sui miei studi. E quando ero nella "vita vera", tra la gente, avevo sempre molto desiderio di tornare alla scrivania, e non ero per nulla felice tra la gente. Questa separazione innaturale tra lo studio e la "vita vera", ora è scomparsa. Adesso, alla scrivania ci "vivo" davvero. Lo studio è diventato un'autentica "esperienza di vita" e ha smesso di essere qualcosa che riguarda soltanto la testa. Alla scrivania sono immersa totalmente nella vita, e nella "vita" porto la pace interiore e l'equilibrio che ho acquisito dentro di me. Prima, ero obbligata a ritirarmi ogni volta dal mondo perché le sue troppe impressioni mi confondevano e mi rendevano infelice. Dovevo fuggire in una stanza silenziosa. Adesso, porto con me questa che possiamo chiamare "stanza silenziosa", e posso rifugiarmi là in qualsiasi momento, anche se mi trovo se un tram affollato o su un treno che si ferma con tutto il suo peso. (...)

9 gennaio 1942

 

La poesia che segue è mia ed è tratta dalla raccolta Scrivere il vento, Atì editore 2017

 

Le cose che facevano parte di me

a Etty Hillesum

Le cose che facevano parte di

me erano nel tuo lento accumulare:

api che ronzavano alla finestra,

il ramo di glicine addormentato

nel bicchiere, il libro d’ore di Rilke,

l’acero rosso che contava le stagioni,

il desiderio di poter dominare

tutte le parole e tutto mettere in

parole, suoni, immagini per

dare conto a quelli che verranno

della tua esperienza amorosa

con una primavera.

 

“Ma ci sono anche dei giorni in cui

egli invecchia, i minuti gli passavano

sopra come anni” scriveva il poeta

all’amico Ewald. E ora che gli anni

sono passati sui tuoi giorni scomparsi

nella sabbia, come l’ultima onda prima

del tramonto seppellisce il mare,

tu che capivi la certezza della fine e

hai scelto di restare per essere il balsamo

di molte ferite.


“I cieli si stendono dentro di me

come sopra di me” scrivevi, sapendo

che tu sola potevi essere misura a

te stessa: la ragazza che non voleva

inginocchiarsi, che aveva iniziato

a costruirsi una casa pietra su pietra.

Incantata dal glicine odoroso, hai aperto

le mani e lasciato rotolare melodiosamente

il mondo fino alla mano di Dio e ti sei

immersa per cercare nel profondo i tesori

che vi giacciono senza possedere gli strumenti,

sapendo fabbricarli dal nulla delle parole.

 Oggi io sono qui nel cuore luminoso

di un giorno invernale, a indovinare

il glicine che sarà fiorito nella tua

primavera amorosa.

 

 

Ecco ho trascritto i frammenti e le poesie, posso tornare a leggere il Diario e a guardare l’unica rosa che tengo sulla scrivania e a pregare perché la prossima primavera sia un tempo di libertà rifiorita.

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